L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Riflessioni in materia di lavoro portuale: il caso del Piano Organico Porti
Il nostro collaboratore dottor Luca Brandimarte, junior advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema del Piano Organico Porti.
ROMA – Nel numero di questa settimana affrontiamo una tematica a nostro avviso emblematica dell’attuale scenario che caratterizza il mondo del lavoro in ambito portuale: il c.d. “Piano dell’organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16,17,18” della Legge portuale (“Piano Organico Porto”).
Il Piano Organico Porto, si colloca nel solco di un’esigenza avvertita a livello legislativo di programmazione del lavoro in ambito portuale volta a cercare di tutelare maggiormente gli operatori di settore, segnatamente i lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16, 17 e 18 della Legge portuale (i.e. Legge n. 84/94) mediante l’individuazione dell’attuale struttura operativa che caratterizza il mondo del lavoro portuale all’interno delle singole realtà locali.
Tale necessità di “riorganizzazione” concretizzatasi, appunto, con il c.d. “Correttivo porti” del 2017 – pubblicato in G.U. nel febbraio del 2018 – che ha introdotto la figura del Piano Organico Porto all’interno della Legge portuale, ha trovato la propria ragion d’essere nel susseguirsi di fenomeni quali, a titolo esemplificativo ma non esclusivo, l’automatizzazione delle operazioni portuali e il gigantismo navale che hanno comportato e continuano tutt’ora a comportare una serie di implicazioni per lo scenario portuale italiano e quindi per i lavoratori che operano all’interno del porto. Da qui l’introduzione all’articolo 8, comma 3, lett. s-bis) della Legge n. 84/94 del Piano Organico Porto, quale documento di valore strategico di ricognizione e di analisi dei fabbisogni lavorativi all’interno dei singoli scali portuali.
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Ai sensi del predetto articolo, il Presidente della singola Autorità di Sistema Portuale (“AdSP”) adotta, previa delibera del Comitato di Gestione e sentita la Commissione Consultiva competente, sulla base dei piani di impresa, degli organici e del fabbisogno lavorativo comunicati dalle imprese di cui agli articoli 16 e 18 e dell’organico del soggetto di cui all’articolo 17, il Piano dell’organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16, 17 e 18 della Legge portuale.
Come già anticipato, il Piano Organico Porto è un documento di natura strategica avente validità triennale, revisionato su base annuale, il cui compito è quello di “fotografare” la situazione relativa allo scenario lavorativo all’interno delle singole realtà portuali soggette alla giurisdizione delle AdSP. Alla luce di ciò, sulla base del predetto Piano, sentiti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (“MIT”) e l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (“ANPAL”), i Presidenti delle singole AdSP adottano piani operativi di intervento in materia di lavoro portuale finalizzati alla formazione professionale per la riqualificazione o la riconversione e la ricollocazione della forza lavoro in ambito portuale. Il tutto con l’obiettivo di mantenere un mercato del lavoro portuale che garantisca il più possibile l’efficacia e l’efficienza dei servizi portuali.
Tuttavia, essendo trascorsi ormai – quasi – due anni dall’entrata in vigore della riforma della Legge portuale, osserviamo come, ad oggi, in mancanza di univoche linee guida di indirizzo uniformi da parte dell’Amministrazione competente in favore delle singole AdSP per la redazione dei singoli Piani Organico Porti, tali documenti programmatici risultino spesso profondamente diversi e poco coerenti tra loro nonostante abbiano lo stesso riferimento normativo. Va da sé come sarebbe opportuno pro-futuro che gli organi amministrativi competenti individuino dei criteri guida univoci che possano indirizzare al meglio le AdSP nella realizzazione e/o revisione di tali Piani. Il tutto, nell’ottica di favorire, mediante un’adeguata e coerente ricognizione a livello nazionale dei fabbisogni all’interno dei singoli porti, la competitività dell’intero sistema portuale nazionale.
In conclusione, sebbene sia lamentabile l’attuale mancanza di univoche linee guida di indirizzo da parte dell’Amministrazione competente, nell’auspicio che le stesse siano prossimamente adottate, non si può non apprezzare quelle che, ad avviso di chi scrive, sembrano le – chiare – intenzioni del legislatore di voler modellare e subordinare la forza lavoro sulle reali capacità di traffico dei porti.
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