Quell’artiglio delle incertezze sul 2019
ROMA – Dunque, riassumiamo. C’è il bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto. E la foto simbolica qui sopra, con la minacciosa mano d’acciaio che sembra annunciare sfacelo sui porti e sull’economia, richiama il lato negativo di un anno 2019 che comincia con grandi contrapposizioni. In Italia stiamo ancora aspettando notizie sugli investimenti in grandi infrastrutture. E che si parli solo della ricostruzione del ponte di Genova non basta per la sete di notizie proprio sulle infrastrutture logistiche, i porti, i grandi trafori. Quando parte il piano di armonizzazione dei grandi investimenti portuali? Che sappiamo dei progetti di Livorno (darsena Europa) Napoli, Taranto, Venezia, Trieste eccetera? E la TAV tramonta? E le Autostrade del mare?
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Andrei Goldstain, sul supplemento economico de Il Sole-24 Ore, titolava pochi giorni fa che le previsioni per il 2019 rimangono su una crescita mondiale “nonostante i protezionismi”. Due giorni dopo sono arrivate le indicazioni italiane dal comparto chimico nazionale, da quello dell’auto e da quello dell’elettronica al consumo: tutte che variano dalla crescita zero al rosso fisso. Con il crollo di Apple che annuncia un 2019 da incubo per il marchio della mela ma che rischia di avere conseguenze anche da noi. Spiegazione: il “cavallo” della Cina non beve più gli smartphone, sia per saturazione, sia perché i cinesi hanno imparato a farseli da soli, i telefonini, e adesso stanno invadendo i mercati europei. Tecnologie copiate? Certo, Apple forse si pentirà di aver sviluppato proprio in Cina tutti i suoi modelli. Ma la Cina ormai è arrivata a insegnare tecnologia: basta leggere sulla missione spaziale che il paese ha mandato in questi giorni sulla faccia oscura della Luna, dove nessun altro paese era riuscito ad oggi ad arrivare. Occhio: da tempo non siamo più l’ombelico del mondo economico e tecnologico.
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Cerchiamo comunque di vedere il bicchiere mezzo pieno. Secondo Goldstein, che non è l’ultimo arrivato, “sebbene il carry-over della crescita economica italiana sia modesto a causa del rallentamento della domanda interna nella seconda metà del 2018, il quadro esterno è quanto mai favorevole. Tutti i principali osservatori pubblici e privati concordano nell’attendersi per il 2019 una crescita mondiale elevata, in linea con quanto registrato nell’ultimo biennio. Se l’economia americana continuerà la sua espansione fino almeno a metà 2019, con una ripresa di WallStreet dopo un autunno difficile, a giugno saranno 120 mesi di crescita ininterrotta, il periodo più lungo dal 1857”. E anche per la Cina le previsioni parlano di un +6%, per l’America Latina sembra arrivata la ripresa e per l’Eurozona malgrado il raffreddamento di Germania e Francia (per motivi più che altro politici, dicono gli esperti) non va proprio male.
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Torniamo all’Italia. Gli analisti non sottovalutano le incertezze politiche di uno scontro che non ha mai raggiunto la virulenza attuale, nemmeno ai tempi della guerra tra i don Camillo e i Peppone (“Ha da venì Baffone!”). Tante incognite anche nelle scelte del governo, in parte demandate a un record di decreti attuativi difficili da capir bene. Eppure ci sono imprenditori privati che continuano a credere nel paese, che investono, che lottano quotidianamente contro burocrazie e codici degli appalti demenziali, contro i NIMBY e i NIET. Lotta che fa sputare sangue, ma che dimostra come ci sia ancora in Italia una classe imprenditoriale, specialmente marittima e portuale, che non molla. Anche scannandosi nella concorrenza sui traffici; anche premendo in modo urticante sulle istituzioni restìe a prendere decisioni; anche spendendo tempo, risorse e pazienza in infiniti viaggi o contatti epistolari con chi dovrebbe autorizzare; anche andandosi a cercare sollievo e introiti all’esterno, facendo tesoro delle proprie capacità. Anche…Mi fermo per tornare al bicchiere mezzo pieno. Noi siamo, almeno sul Tirreno, in un sistema logistico che dalla crescita dell’economia americana ha sempre avuto lavoro e traffici. Siamo, almeno nell’Adriatico, in un sistema che è al centro dell’offensiva di investimenti della Cina: offensiva da controllare con attenzione – come continua a ricordare Pierluigi Maneschi da Trieste – ma che può anche supplire agli investimenti nazionali. Siamo, infine, un Paese che da quarant’anni o poco meno balla sull’orlo del baratro (economico e sociale) ma è sempre riuscito a non precipitarci dentro. Quella terribile e minacciosa mano metallica della foto-simbolo in prima pagina può anche diventare il simbolo positivo di un lavoro che non si ferma. Davvero: buon 2019 e come dicono i marinai, in culo alla balena!
Antonio Fulvi
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