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Da Pietrarsa il rilancio della “cura del ferro”

Nella foto: Nereo Marcucci

GENOVA – Dunque Pietrarsa 3, il forum di Confetra di lunedì scorso è stato un successo di partecipazione oltre che di sostanza. Duecento presenti, il fior-fiore. La domanda: “la cura del ferro serve ancora al Paese?” e la presenza di Marco Ponti – consulente del Ministro Toninelli nonché responsabile della Struttura di missione dopo Ennio Cascetta, le cui uscite sui giornali hanno creato attenzione e tensione – hanno fatto convergere su palazzo ducale imprenditori di tutta la supply chain, a partire dai presidenti di tutte le federazioni ed associazioni confederate. La Confindustria nazionale con Stefano Pan – n. 2 di via dell’Astronomia – ha contribuito in modo importante. La regia di ASSOFER – associazione Confetra nel settore ferroviario privato – è stata giudicata perfetta. Il viceministro Rixi – chiamato a Roma per il decreto sicurezza e la probabile fiducia – ha svolto il proprio intervento in collegamento. Da buon genovese si è detto convinto della cura del ferro e ovviamente del terzo Valico.

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In sua assenza le conclusioni sono state espresse dal presidente di Confetra Nereo Marcucci. Eccole, in estrema sintesi.

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• Confetra, con Confindustria – dovrà chiedere al Ministro se risponda al vero che l’analisi costi/benefici è stata affidata ad un gruppo di lavoro che ha gli stessi orientamenti NO/ferro del Prof. Ponti.

• quindi chiederà con forza che l’analisi costi/benefici sia fatta a porte aperte, si concluda dopo 9 mesi per ogni singola opera superando l’attuale confusione di numeri aggregati che riguardano il complesso degli investimenti in ferro.

• si tratta di evitare l’interpretazione di alcuni “maligni” che sostengono che fino a Maggio – europee – non si diranno cose definitive impattanti sugli elettori.

• il confronto è necessario, anche, per capire se l’analisi costi/benefici è riuscita a tradurre in costi o in benefici le novità degli ultimi mesi: neo-protezionismo, Belt and road initiative, chiusure alla gomma da parte di Francia, Svizzera e Austria nonché Tirolo considerando che il 70% del nostro export va verso l’Europa.

• quale sia la vision dell’economia nazionale nel futuro: domestica o europea.

Tra le proposte di Marcucci, una sorta di Hub and Spoke ferroviario dopo quelli marittimi e ferrovie/passeggeri e aerei/passeggeri.

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Questa una sintesi ragionata del Marcucci-pensiero, ovvero di Confetra, sul tema svolto a Pietrarsa 3.

I cambiamenti climatici e gli impegni internazionali impongono anche all’Italia di ridurre significativamente le emissioni in atmosfera (polveri fini, CO2, Sox, ossido di zolfo Nox, ossidi di azoto e miscele). L’area della Pianura Padana è la regione europea con la peggiore qualità dell’aria, cosa che ci ha fatto meritare una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea. I costi derivanti dagli effetti dei cambiamenti climatici, così come gli impatti sulla salute dei cittadini sono enormi. Lo switch modale per una percentuale significativa da trasporto su gomma a trasporto su rotaia, sia passeggeri che merci, è uno dei driver maggiormente significativi per la riduzione dei costi sia delle imprese (rilevati in assenze dal lavoro) sia dello Stato.

I principali Paesi confinanti (Austria, Svizzera, Francia) stanno imponendo politiche di restrizione alla circolazione dei mezzi pesanti sul loro territorio, sia attraverso contingentamenti, sia con l’aumento del costo del pedaggio per Tons/km sia con specifici interventi delle municipalità. Trasportare il nostro export verso l’Europa risulta sempre più complicato e costoso. Le Imprese pagano una tassa occulta sulle esportazioni che ne riduce la capacità competitiva ed i margini. I porti – come quello di Genova – che rappresentano l’incrocio di molte merci ne soffrono. Oggettivamente si fa il gioco dei competitors.

Paradossalmente l’autotrasporto – che secondo la logica di alcuni dovrebbe avere una sorta di monopolio naturale nelle brevi e medie distanze – vede aumentare la pressione per la riduzione o almeno il mantenimento di livelli tariffari bassi. Le conseguenze, anche per alcune decisioni comunitarie, sono dumping sociale, elusione delle norme su velocità e tempi di guida, mancato rinnovo del parco circolante che diventa sempre più obsoleto, inquinante ed insicuro. I controlli effettuati in un anno equivalgono al numero di mezzi che circola in un giorno. Il lavoro del camionista è sempre più disertato.

La diaspora delle aziende manifatturiere e la loro collocazione non più per distretti omogenei ha significativamente ridotto la funzione della rete di interporti che erano stati pensati a servizio dei distretti produttivi. Nella maggioranza dei  casi manca la massa critica che ne giustifica la funzione di raccordo tra la pluralità dei produttori. Centinaia di milioni pubblici per una ventina di interporti risultano scarsamente redditivi.

Il trasporto ferroviario punto/punto, soffre dei deficit infrastrutturali della rete, della carenza di aziende raccordate e dei livelli tariffari estremamente bassi del trasporto su gomma.

La riduzione della pressione del traffico pesante sulle infrastrutture stradali ed autostradali e sui 14.000 ponti, cavalcavia ecc. della rete stradale, autostradale, è una emergenza nazionale. I tempi di controllo ed intervento secondo il Ministero sono misurabili in decenni.

L’Italia non sarebbe connessa alla rete europea nota come corridoi TEN-T che ovviamente necessita anche di adduzioni, gallerie ecc..

Sono legittime visioni diverse del futuro del Paese e del ruolo della logistica come funzione necessaria al mondo della manifattura e dei consumi finali ma debbono essere dichiarate: l’una domestica non ha né l’ambizione di ridurre le esternalità negativa dell’aumento dei traffici né quella di voler giocare un ruolo manifatturiero e logistico. Sottovaluta i collegamenti ferroviari da e per l’Europa occidentale e verso l’est europeo, ed i futuri collegamenti alla via della seta della quale NOI non minimizziamo la sfida e le opportunità..

Potrebbe invece esserci, nell’analisi costi/benefici in corso e che auspico si concluda al più presto, uno spazio per considerare l’evoluzione ed il completamento realistico del “connettere l’Italia” trasponendo il concetto di HUB & SPOKE, già largamente utilizzato nel trasporto aereo, nel trasporto marittimo, ma anche nel trasporto ferroviario passeggeri, al trasporto merci su rotaia. Ritengo che compagnie private stiano già sperimentando questo modello partendo dai porti verso i propri inlland quando non riescono a fare treni blocco per una unica destinazione.

Rispondo al quesito di stamani: Serve ancora la cura del ferro? Con un convinto Sì a partire da un Si al terzo valico senza se e senza ma. Si al rinnovo degli incentivi necessari finché la qualità delle infrastrutture non consenta la fair and free competition con gli altri Paesi europei. Sì al rinnovo dello sconto pedaggio, Sì al rinnovo del ferrobonus, Sì agli incentivi per l’abbattimento della rumorosità, Si alla prosecuzione del progetto RFI.

Sì soprattutto al completamento di una rete infrastrutturale filo-ferroviaria imperniata sul riuso di strutture esistenti. Si dovrebbero incentivare o regolamentare strumenti utili ad un Hub and spoke che alleggerirebbe la congestione di strade ed autostrade “riutilizzando ”gli interporti periferici raccogliendo lì una parte significativa del traffico generato nel territorio con destinazioni diverse ognuna delle quali non giustifichi collegamenti ferroviari punto/punto diretti di treni blocco. Quel traffico raggiungerebbe via rail esistenti centri HUB dove la riaggregazione di merci di diversa provenienza offrirebbe la massa critica per convogli diretti a carico completo verso le principali destinazioni in Europa. Il principio ovviamente potrebbe funzionare anche in senso contrario e pur generando un costo aggiuntivo credo che ne varrebbe la pena per il sistema e per il Paese.

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Pubblicato il
1 Dicembre 2018
Ultima modifica
7 Dicembre 2018 - ora: 11:59

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