Tempo per la lettura: 2 minuti

Automazione e processi industriali: futuro inquietante, ma c’è rimedio

Fabrizio Zerbini

TRIESTE – Uno scenario inquietante quello dipinto dal rettore dell’Università di Trieste, Maurizio Fermeglia nel recente incontro organizzato dal locale Propeller Club. Il relatore ha introdotto la discussione su “Automazione e mondo del lavoro: opportunità e conseguenze su occupazione, industria e società” citando alcuni importanti studi internazionali, con brevi spot sulle questioni che maggiormente preoccupano a livello globale: insostenibilità economica del “rapporto di dipendenza” (invecchiamento della popolazione e pensioni), distruzione della classe media e aumento del gap tra molto poveri e molto ricchi, abbassamento drammatico degli investimenti in istruzione, necessità di procedere spediti con decarbonizzazione e digitalizzazione.

Il tutto potrebbe portare – ha detto – alla “tempesta perfetta” già nel 2030 a causa dell’aumento della popolazione (fino a 8,3 miliardi), di aumenti nelle richieste di cibo ed energia a fronte di una produzione non adeguata, di problemi di approvvigionamento per l’acqua potabile, della riduzione delle emissioni di gas serra inferiori alle aspettative con cambiamenti climatici sempre più evidenti e, come conseguenze, anche l’aumento di tensioni internazionali e migrazioni.

[hidepost]

In questo scenario, ha spiegato Fermeglia, alcuni mestieri spariranno ed altri ne appariranno, con l’automazione che ormai è già iniziata in diversi settori, non necessariamente industriali.

Nell’intervento successivo, il professor Sergio Bologna (storico, analista politico e pubblicista), attualmente alla presidenza dell’Aiom (Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi) di Trieste, ha focalizzato l’attenzione su ciò che accade nei porti, non senza aver citato alcuni studi internazionali che però, ha sottolineato «.. non si occupano della qualità dei posti di lavoro».

Partendo dall’esempio dell’automazione di un terminal container nel 1993 a Rotterdam, il professor Bologna ha portato l’attenzione sulla possibile coabitazione tra esseri umani e robot nello svolgimento delle attività e delle relative ricadute anche dal punto di vista delle relazioni industriali, del potere contrattuale e dell’occupazione in generale.

Dell’assenza di regole chiare ha invece parlato l’avvocato Alberto Pasino (Partner Zunarelli Studio Legale Associato), nel descrivere il dibattito sulla questione delle navi a controllo remoto o semiautonome. «Nessun ordinamento prevede la personalità giuridica di una macchina» ha detto Pasino, richiamando la necessità di definire le responsabilità in caso di incidente o malfunzionamento.

A chiudere gli interventi, da non specificamente addetto ai lavori, Padre Luciano Larivera, direttore del Centro Veritas di Trieste. «L’Umano sarà sempre più fondamentale per la gestione di situazioni complesse» ha detto Padre Larivera, prima di introdurre il concetto di Smart society, nella quale sono al centro le relazioni umane.

«La sfida al 2030 può anche essere vista in positivo, come uno stimolo – ha concluso il presidente del Propeller Club Port of Trieste, Fabrizio Zerbini -. Ricordo che già nei primi anni ‘80 Folco Quilici e Bruno Vailati, precursori nella difesa dell’Ambiente e del Mare, ipotizzavano, in base alle conoscenze di allora, l’uso di macchine autonome per monitorare e proteggere il mare”.

[/hidepost]

Pubblicato il
24 Ottobre 2018

Potrebbe interessarti

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora

La quiete dopo la tempesta

Qualcuno se lo sta chiedendo: dopo la tempestosa tempesta scatenata a Livorno dall’utilizzo del Tdt per le auto di Grimaldi, da qualche tempo tutto tace: sul terminal sbarcano migliaia di auto, la joint-venture tra...

Leggi ancora