Normalità di un paese poco normale
Riceviamo e pubblichiamo dal nostro lettore Fabrizio Vettosi.
Caro Direttore, condivido quasi a pieno le sue riflessioni e mi permetto qualche osservazione aggiuntiva nell’ottica dell’economista-analista di logistica marittima, ed anche con un occhio attento, come ricorderà, all’efficienza degli Investimenti Pubblici:
1) Per quanto concerne questa cruenta battaglia (anche mediatica) che caratterizza i due maggiori players nazionali del cabotaggio Italiano, le potrei rispondere con il cuore più che con la testa in quanto sono consigliere di Confitarma e vice-presidente della Commissione Finanza; ma dall’altro canto sono stato per circa 20 anni consigliere di Moby SpA e per 40 anni vicino alla famiglia Onorato. Per capirne la ratio dello scontro occorre andare alle origini e verificarne ragioni effettive, oggettive, e metodi utilizzati.
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A mio avviso tutto il resto e la relativa escalation costituiscono una conseguenza di quello che ridurrei ad un semplice scontro competitivo che non deve viceversa essere “regolato” dall’alto in maniera “dirigistica”. Una delle cause della crisi acuta dell shipping è costituito proprio dalla “autoreferenzialità” che costituisce un modello sbagliato. Non si può, infatti, pensare ogni volta che un confronto competitivo venga regolato dall’alto. D’altro canto stiamo parlando di Gruppi adeguatamente grandi, consapevoli e strutturati e che quando scrivono, dicono ed agiscono sanno bene quali possono essere le conseguenze e le mosse dell’altro competitor. Sarà il mercato a decidere chi ha ragione.
2) Piombino: qualche mese fa facevo un giro per le banchine di Piombino con due illustri e rispettabilissimi attori del mondo marittimo e, come mio solito, facevo il calcolo nella mia mente, di quanto abbiamo (noi Italiani) investito in quell’area portuale tra banchine ed aree; probabilmente un paio di centinaia di mil., forse avremmo fatto meglio a ridurre (seppur una goccia nel mare) il debito pubblico per pari importo anziché creare un “modello non pianificato” come correttamente evidenziato da lei. Ho visto due banchine dal lato di ponente, ed alla mia domanda a cosa servivano, mi è stato risposto che potevano fare tutto (RO-RO, RO-Pax, Crociere, etc.) e che il pescaggio arrivava a 20 m. ovviamente la mia prima reazione è stata di chiedere a cosa servono 20 m. se la nave da crociera più grande al mondo ne pesca poco più di 10; nonché a cosa servono due banchine da 190 m. se i RO-Pax sono lunghi mediamente 210 m. e le navi da crociera circa 300. In sintesi, a parte le considerazioni di traffico (le medesime che ho addotto nella mia nota su Darsena Europa), si tratta di un Investimento che difficilmente potrà essere produttivo per il Paese.
3) Tocca un ambito a me caro: ricordo che ai tempi della riforma, fummo più o meno in due (io e Francesco Parola), nell’ambito di dibattiti pubblici e privati, ad indurre a valutare anche modelli di AdSP prevalentemente privatistici (non dico “fully privatized, ma quasi), ma si sa come è andata; addirittura rischiamo che le AdSP diventino 16. Tuttavia, nella fase di insediamento del Comitato per la riforma, mi furono chiesti informalmente alcuni pareri e confronti da parte di qualche membro nell’ambito di un lecito scambio di informazioni. Ribadii (e ricordo anche durante alcuni dibattiti al Propeller) che, se volevamo finalmente avere un approccio sistemico e pianificato alla gestione dei distretti portuali Italiani, dovevamo sfruttare meglio e rendere cruciale quell’organismo definito dall’art. 11 della legge – ovvero la Conferenza di Coordinamento – la cui responsabilità doveva essere affidata ad un Tecnico con un team di tecnici con elevato grado di indipendenza e non a politici o simili. Non penso che i fatti siano andati in questo verso e, pertanto, abbiamo perso anche la minima occasione offerta dalla norma vigente.
La ringrazio per la sua attenzione, e mi auguro che abbia apprezzato il contributo.
Fabrizio Vettosi
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