Le navi magenta di ONE sul mercato pieno di ombre
TOKYO – C’è molto dell’impegno del governo giapponese nell’inizio di operatività della nuova compagnia dei containers ONE (Ocean Network Express) che ha messo insieme, in una joint venture molto pubblicizzata specialmente nel Far East, i marchi del Sol Levante MOL, K-Line e Nyk. Partita ufficialmente domenica scorsa, la ONE dispone di 3 miliardi di dollari cash, versati in quote uguali dalle tre compagnie: ma in particolare ha l’appoggio dello Stato, che prevede alcuni contratti privilegiati per potenziarne sia l’appeal che l’operatività. Caratteristico il colore scelto dalle navi e dai contenitori di ONE: un magenta carico, che ha già fatto la sua apparizione anche in alcuni porti italiani (su container scaricato a La Spezia, a Genova e probabilmente altrove).
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La nuova compagnia – perché questo è l’obiettivo, a superare la semplice joint venture – è stata già classificata come la sesta al mondo dopo la capolista Maersk, la Msc di Aponte, la cinese Cosco, la francese CMA-Cgm e l’Hapag Lloyd. Sono in corso di definizione anche i vari “trip” che ONE proporrà al mercato, facendo propri quelli che erano delle tre compagnie associate ma con la proiezione in crescendo anche verso altri obiettivi, che dovrebbero comprendere non solo la costa West del continente americano ma anche l’Europa.
Secondo uno degli analisti del mercato internazionale Lars Jansen, le economie di scala che la fusione porterà alle compagnie mette sotto pressione anche quelle che ad oggi sono considerate le maggiori concorrenti in campo globale. E del resto la strada delle fusioni è stata aperta già l’anno scorso, dopo il clamoroso fallimento di Hanjn, tra Cosco e China Shipping, con i preannunci di analoghi passi tra Hapag Lloyd e Uasc. Un mondo alla ricerca di nuovi assetti, sia nell’ambito delle grandi alleanze, sia in quello delle società. Ma c’è anche chi considera le fusioni come un palliativo, in un quadro desolante di perdite da parte di tutte le compagnie, anche nel primo trimestre di questo 2018. Secondo Alphaliner, i margini operativi di tutte le compagnie dei containers, senza eccezioni degne di nota, sono già dalla fine del 2016 negativi: e per alcune compagnie si erano ipotizzate svalutazioni miliardarie, sulla base di quelle che hanno convinto le tre giapponesi a fondersi. C’è infine da considerare che malgrado molte compagnie abbiano in corso da un paio d’anni demolizioni o “congelamento” di unità containers, le nuove consegne e l’accentuato gigantismo faranno ancora aumentare l’offerta di stiva. E con la minaccia della guerra dei dazi doganali tra Usa, Far East e (forse) Europa il quadro non è certo tra i migliori. C’è addirittura chi ipotizza che entro il 2012 rimarranno in servizio non più di una mezza dozzina di vettori. Terrorismo commerciale o realismo?
(A.F.)
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