Capitanerie e i messaggi del grande capo
LIVORNO – La cerimonia del passaggio di consegne al comando della direzione marittima della Toscana, nella suggestione del cerimoniale militare che sempre fa spettacolo tra il mulinar delle sciabole d’ordinanza e le musiche marziali, è stata questa volta occasione anche di alcuni messaggi. Più o meno trasversali, ma facili da interpretare anche dai meno maliziosi.
Il primo messaggio, se così può essere definito, è arrivato nel discorso ufficiale del comandante del Corpo delle Capitanerie, ammiraglio ispettore capo Vincenzo Melone. Parlando della Riforma Portuale, che ovviamente ha apprezzato come grande occasione per la logistica nazionale ed europea, Melone ha però sottolineato con forza il ruolo delle Capitanerie nella “governance” dei sistemi porto. Ruolo alla pari tra Autorità marittima (Capitanerie) e Autorità di sistema portuale, “che devono collaborare strettamente”, con eguali dignità e (sottinteso?) poteri. Un sasso in piccionaia sulla comune interpretazione della Riforma, dove nei comitati di gestione le Capitanerie sembrerebbero subordine, ammesse a decidere solo su security & safety. Melone ha citato addirittura i matrimoni: così tra Autorità portuale e marittima dev’essere, strettamente collaborativi e alla pari.
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Potrebbe arrivare un ripensamento in merito? C’è chi, durante la cerimonia, malignava che i “correttivi” vengono più che altro per eliminare errori nel testo di un anno fa: errori politici (la indeterminatezza in merito a sindaci e altre cariche istituzionali nei comitati di gestione) ed errori tecnico-burocratici, come l’aver chiamato nel testo le Autorità portuali sic & simpliciter invece che Autorità di sistema. Sembra un dettaglio, ma a quanto pare ha ingenerato tra i legulei abbondanti occasioni per contestare. Una parentesi: è stato anche ricordato da un rappresentante del Senato presente, che i tempi per il “correttivo” alla Riforma erano ormai strettissimi: è la legge stessa ad aver stabilito che si può intervenire entro un anno: E l’anno sta per scadere. Il consiglio dei ministri ha deciso. Ma il parlamento, dove ora va il testo, è tutt’altra faccenda.
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Secondo messaggio (ma forse ce ne sono stati anche altri che noi non abbiamo recepito, ci scusino i lettori): nel lungo elenco dei ringraziamenti (e dei ringraziati) letto dall’ammiraglio uscente dal comando, Vincenzo Di Marco, le parole dedicate al sindaco di Livorno Filippo Nogarin sono state particolarmente calorose, “un affettuoso saluto” è la dizione esatta. Per il presidente dell’AdSP Stefano Corsini il ringraziamento è stato assai meno caldo: “all’amico Corsini”. Sofismi? Può darsi. Su alcune scelte (Provinciali?) si sa che l’ammiraglio ingegner Di Marco era più sulla linea dell’ingegner Nogarin che dell’ingegner Corsini. Tre ingegneri insieme, dice un vecchio proverbio, disastro in vista. Solo una battuta, ma a volte c’azzecca. Sta adesso al successore ammiraglio Tàrzia (che per fortuna non è ingegnere anche lui…) decidere quale linea assumere. E gli sarà certo d’aiuto essere livornese e conoscere a fondo – essendo stato anche comandante in seconda della Capitaneria – tutta la reale articolazione del potere e dei poteri in questo porto così complicato ma anche così vitale nelle aspirazioni e nelle passioni.
Antonio Fulvi
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