Bombe d’acqua, il disastro
LIVORNO – Forse, cercando un mezzo sorriso tra le lacrime dell’immane tragedia che ha colpito domenica i livornesi, bisognerebbe ricordare l’antico scongiuro. “Troppa grazia, sant’Antonio!”. Perché c’era chi invocava la pioggia dopo un’estate arida come mai a memoria d’uomo. Di pioggia ne sono venute giù due “bombe”: che hanno ucciso, devastato, travolto. Anche qui, mai a memoria d’uomo un fenomeno di questa intensità. Che ha fatto passare in sordina i tanti scontri in atto per la “governance” del porto, l’applicazione della riforma, le tensioni (latenti ma non per questo meno significative) tra Autorità marittima e Autorità di sistema.
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La tempesta di pioggia, accompagnata da raffiche di vento oltre i 55 nodi, hanno messo in difficoltà il porto. Traffico dunque rallentato, ma senza gravi conseguenze anche perché il clou della pioggia è venuto di notte, quando il traffico è nettamente ridotto. Però c’è stato un lungo black-out delle torri-faro sulle banchine, e un ancor più lungo black-out dei telefoni, che ha isolato sia l’Avvisatore marittimo della torre del porto, sia la Polizia e in parte anche la Capitaneria. Le linee sono state poi riattivate a metà domenica ma sono saltate a intervalli di nuovo e anche lunedì mattina l’Avvisatore era isolato. Hanno supplito con i numeri d’emergenza dei cellulari, ma non è stato facile.
Un problema è nato anche per il fango che si è scaricato in porto, malgrado le porte vinciane fossero state chiuse. Dal torrente Ugione, che sfocia nell’omonima darsenetta sul canale industriale, è arrivato talmente tanto fango che una petroliera, la “Venus”, non si è arrischiata di metter in moto per non intasare i filtri delle prese d’acqua di raffreddamento. Dopo aver rinviato di un giorno la partenza, alla fine si è fatta rimorchiare al largo dai mezzi della Neri: e solo a un paio di miglia dal porto ha messo in moto. In un mare comunque marrone di fanghi e pieno di detriti; mai visto così da decenni.
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