La Cina dell’automobile all’assalto dell’Europa
Riprendiamo dal blog FAQ Trieste.it, sempre molto interessante nei suoi commenti, la seguente analisi sui crescenti interessi della Cina sull’auto. Un tema che interessa tutti i porti d’importazione delle vetture, da Trieste a Livorno.
TRIESTE – Non si può dire che sia l’ultimo arrivato. Anzi, è stato il primo gruppo automobilistico cinese a quotarsi in Borsa. Nel 2003, sul listino di Hong Kong: ottenendo dal mercato 1,7 miliardi di dollari grazie ai quali Great Wall Motor, in soli dieci anni, è cresciuta fino a diventare una delle case automobilistiche più note del paese: primo produttore privato, primo produttore di Suv, nonché stabilmente dal 2004 – tra le prime 500 imprese della Cina. La “Grande Muraglia” è stato anche uno dei primi gruppi a sbarcare in pianta stabile in Europa: nel 2012, grazie all’accordo con la casa automobilistica bulgara Litex, ha investito 420 milioni di dollari per un nuovo stabilimento che dà lavoro a 1.800 persone e produce quattro modelli diversi, destinati soprattutto al mercato dei paesi dell’est.
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In Italia, “Great Wall” è conosciuta sia per i modelli in vendita (un pick up e un suv prodotti proprio in Bulgaria) sia perché nel 2006 ha introdotto sul mercato cinese un modello (la “Peri”) che ha causato un contenzioso legale con Fiat: la casa italiana l’ha accusata di aver copiato la Panda, ottenendone il blocco delle importazioni in Europa ma non la vendita in Cina.
La conquista del mercato automobilistico in Europa, Usa e Sudamerica è diventata una sorta di imperativo categorico per le imprese cinesi, incalzate dal governo di Pechino. È considerata una delle industrie strategiche, in prospettiva per il futuro sviluppo dell’auto elettrica. In Europa, nell’automotive hanno rilevato da Ford un marchio storico come Volvo, nonché uno dei leader degli pneumatici come Pirelli, mentre il colosso degli elettrodomestici Midea ha comprato la società di robotica tedesca Kuka. Negli Stati Uniti, invece, hanno fatto più fatica, per quanto abbiano speso vagonate di dollari per partecipare alle fiere di settore.
Nelle intenzioni di Pechino, però, siamo solo all’inizio della fase di espansione. Anche perché le munizioni non mancano: secondo dati citati dall’agenzia Bloomberg la Cina è destinata a investire all’estero nel prossimo decennio nei settori strategici 1.500 miliardi di dollari a livello globale. Una enormità, se si tiene conto che – soltanto nel 2016 – gli investimenti cinesi in Europa sono stati pari a 46 miliardi di dollari con una crescita del 90% rispetto al 2015 e hanno superato di circa quattro volte quelli dei paesi europei in Cina.
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