Riforma e “correttivi” con l’incognita elezioni
ROMA – Non tutti sono d’accordo su tutto, ma almeno su un importante dettaglio la convergenza c’è: il testo della Riforma Portuale va “depurato” da incongruenze e passaggi non realistici. E andrebbe fatto presto, con un decreto eventualmente concordato tra i ministri Delrio e Madia. Il “correttivo” è argomento di dibattito in questi giorni, anche se sulla sua urgenza è piombato come un macigno l’accordo – o “quasi accordo” sulle elezioni a settembre, che improvvisamente rischia di far tornare i porti in fondo alle priorità del governo.
Quali sono i punti più richiamati per il “correttivo”? A parte il dettaglio dei sindaci (e per estensione dei politici: caso Serracchiani) da accettare o no nei comitati di gestione, uno dei problemi reali sembra essere proprio il potere degli stessi comitati di gestione in rapporto a quello dei presidenti.
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Si innestano, su questo cardine, valutazioni altrettanto delicate, come quella dei poteri (o meglio: poteri limitati) che nei comitati sono riservati ai comandanti delle Capitanerie. La dizione della legge, per cui possono intervenire solo “sui temi di loro competenza” non solo è imprecisa, e quindi soggetta a interpretazioni diverse, ma in ogni caso è considerata punitiva. Le Capitanerie la stanno digerendo male ed è probabile che insistano per una diversa dizione.
Nella sostanza, tornando ai poteri del comitato di gestione, c’è una discrasia evidente – dicono i critici – tra l’averli concepiti come consigli d’amministrazione dei sistemi e i poteri che sono loro conferiti: poteri che di fatto sono ancora accentrati sul presidente per quanto riguarda la quotidianità degli atti, anche amministrativi. Tanto che – si sostiene – i poteri dei comitati di gestione non sono molto superiori a quelli che erano dei comitati portuali, sostanzialmente “di indirizzo”. Poco a che fare con veri consigli di amministrazione, che dovrebbero invece avere potere anche sulle voci di spesa e della gestione quotidiana, almeno sopra una certa cifra.
Altro dettaglio, che tanto dettaglio non è, è quello delle responsabilità dei componenti i comitati di gestione, già sollevato su queste colonne anche dal sindaco di Livorno Filippo Nogarin, dal senatore della commissione trasporti Marco Filippi e da altri: ovvero il mancato bilanciamento tra responsabilità (anche civili e penali) ed emolumenti, che non ci sono. Se ne potrebbe dedurre che tutte le responsabilità delle decisioni rimangono accentrate sul presidente e i comitati di gestione invece di essere CdA rimangono consessi di semplice indirizzo, senza poteri reali e quindi responsabilità. Ma è così che i riformatori intendevano davvero la Riforma?
A.F.
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