Marcucci (Confetra): pubblico e privato per la logistica
LIVORNO – Nereo Paolo Marcucci, presidente nazionale di Confetra, è intervenuto nel recente workshop sul libro del professor Bologna commentando i temi più sostanziosi e profondi della riforma portuale. Ecco un suo ulteriore intervento, a nostro parere illuminante sui processi in corso in Italia ma non solo per l’atteso “new deal” della logistica.
Fedespedi e poi altri compresa (meritoriamente) l’AdsP del Tirreno settentrionale hanno promosso approfondimenti sul futuro dell’economia marittima portuale e logistica partendo da “Tempesta perfetta sui mari” una analisi scientifica di Sergio Bologna sul (potenziale) “crack della Finanza navale” iper esposta verso il mondo dello shipping.
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Il professor Bologna ha voluto contribuire, ancora una volta, a rompere “una situazione di voluta ignoranza” anche (soprattutto?) circa il fatto, che come sostiene Olaf Merk responsabile porti e navigazione dell’OCSE, “le navi giganti sono un problema e non un progresso” tanto che le maggiori compagnie di navi portacontenitori esaltano più i volumi movimentati che i risultati economici.
Il gigantismo è stato altre volte fonte di discussione che si trattasse della superpetroliera Knock Navis e dei suoi 458 mt di lunghezza o, più recentemente, della Oasis of the Seas e dei suoi 6.200 passeggeri.
Non tanto o non solo per la loro controversa economicità (questione di competenza dell’investitore e del finanziatore) ma per le conseguenze sui vincoli infrastrutturali e quindi sui costi scaricati sugli Stati e dunque sui cittadini.
Per ottimismo della volontà, ritengo che fallimenti della dimensione di quello di Hanjin non possano ripetersi contando sul “simul stabunt” di shipping e banche per evitare che “simul cadent” mentre gli ordinativi delle grandi compagnie verso i cantieri navali (drammatica la situazione di quelli cinesi e coreani!) mi pare rendano immodificabile la corsa al gigantismo. Anzi anche le navi ro-ro e quelle per rinfuse liquide crescono per dimensione (seppure non altrettanto gigantesche). Le navi da crociera sono ormai palazzi multipiano galleggianti.
Sembra che se ne discuterà nel prossimo G7 tra Paesi con interessi diversi e contrastanti per tentare di individuare possibili politiche di riequilibrio tra i seppur controversi vantaggi del gigantismo per le shipping lines e l’indiscutibile impatto sui conti pubblici degli investimenti per superare i vincoli infrastrutturali nei porti e nelle infrastrutture terrestri.
L’Italia: alcuni porti del sistema-paese hanno infrastrutture e terminal adeguati. Negli ultimi due anni è stata archiviata la corsa alla proliferazione di nuove maxi-cattedrali nel deserto, soprattutto di transhipment, l’allineamento qualitativo di molti porti è in corso, il cargo ferroviario gode di nuova considerazione, abbiamo scalato il ranking delle migliori Dogane a livello mondiale, la produttività delle Imprese è allineata ai migliori standard mondiali. Allo stato dei fatti la concentrazione su alcuni scali di maggiori volumi (2016 su 2015) non ha creato i fenomeni di congestione che si sono visti per pochi mesi del 2016-2017 nel Nord Europa.
E’ quindi fisiologico, che nella discussione, l’attenzione degli Imprenditori impegnati nelle attività marittime e logistiche si sposti dal tema centrale anche su altri importanti cambiamenti.
Tra questi le integrazioni orizzontali e verticali societarie o organizzative perseguite dai grandi armatori, le iniziative di porti Nord Europei che offrono servizi integrati da porto a destino, la reazione di alcuni Terminal Operator, che avendone le condizioni, fanno altrettanto, mentre soggetti finanziari internazionali fanno shopping mettendo in campo una maggiore potenza di fuoco per reggere la competizione.
Sullo sfondo, per tempi diversi di realizzazione, come evidenziato da Gianenzo Duci Presidente di Federagenti, sistemi statuali che finanziano i propri operatori o si propongono come Stato/Sistema vedi i cinesi con OBOR e, per finire market places del crescente E-commerce che divengono logistici porta a porta.
Non credo si possa obiettare niente al famoso “è il mercato bellezza”.
Ma credo altrettanto che si debba ragionare sul fatto che esista una risposta alla domanda pertinente del senatore Filippi circa il rapporto tra questi cambiamenti radicali e quelli introdotti dal Ministro Delrio. In poche parole: è in corso un processo di efficentamento condotto dal Pubblico e vari processi di integrazione della filiera condotti in autonomia da grandi soggetti privati. Possiamo tentare di capire se e come sia possibile mantenere un ruolo per le nostre Imprese? Come partecipare ai possibili vantaggi senza protezionismi o peggio?
Una precondizione mi pare la continuità: Chiunque governerà dovrebbe patrimonializzare l’esperienza di questi due anni e di quello in corso, che è una sorta di working in progress anche in questi giorni, continuando su una linea coerente con le indicazioni della Corte dei Conti Europea, (evitare la proliferazione, coinvolgere risorse private, ottimizzare le infrastrutture esistenti) e con lo stato della finanza pubblica.
Una seconda condizione mi pare l’accelerazione di tutti gli strumenti (soprattutto ferroviari) che contribuiranno all’allargamento dell’area di riferimento della nostra offerta portuale e logistica.
I lineamenti della bozza di DPP presentata il 5 Aprile a Livorno dai Collaboratori del Ministro e dalla Struttura di missione vanno in questa direzione. Abbiamo proposto una loro integrazione con alcune indicazioni che diano certezze agli investitori privati di priorità, di finanziamento, di tempi di realizzazione.
In un sistema reso sempre più “razionale”, olistico ed efficiente e magari con una “catchment area” più vasta, pubblico e privato cosa dovrebbero o potranno ancora fare?
Ritengo che siano necessarie dopo un buon lavoro della politica nazionale buone politiche locali.
Il pubblico potrebbe aiutare il raggiungimento di dimensioni fisiche e organizzative adeguate delle aziende portuali superando la concorrenza endoportuale utilizzando lo strumento delle concessioni, i porti dovrebbero valutare se sia realistica una politica coordinata verso il crocierismo nonostante l’affidamento agli armatori di importanti terminal crociere, se sia possibile copiare esperienze di network europei o internazionali tra porti e tra operatori e corrispondenti magari in Paesi che siano “nuove frontiere” degli scambi internazionali, se sia possibile procedere all’Integrazione tra soggetti privati sul modello para-pubblico di Mercitalia.
Vi sono luoghi inoltre – Livorno tra i pochi – dove esistono già risorse territoriali e professionali che potrebbero offrire ulteriori opportunità. Credo sia da valutare se una buona logistica possa aiutare il ritorno di aziende manifatturiere che dalla contiguità al porto trovano economicità (il cd: back and near reshoring). La logistica può essere ancillare alla produzione ma può anche essere un asset per promuoverla in un rapporto programmato tra il Pubblico, le rappresentanze dell’industria e quelle dei logistici soprattutto laddove ci sono già spazi attrezzati e magari sottoutilizzati.
Ovvio che si tratti di un primo grumo di idee che spero attraggano altri.
Nereo Paolo Marcucci
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