Per un futuro più pulito
L’accelerazione della tecnologia e l’impegno delle aziende confermano la crescente coscienza sui temi dell’ambiente
LIVORNO – E’ vecchio detto che un convegno non fa di per se innovazione, così come una rondine non fa primavera. Eppure dal workshop di ieri sulle problematiche legate all’utilizzo del GNL anche (ma non solo) in campo marittimo e portuale, sono usciti elementi tali da far pensare che i temi siano finalmente maturi. Ovvero, che quel GNL considerato solo pochi anni fa come una lontana eventualità, oggi sia diventato il punto di riferimento per un cambio epocale.
[hidepost]Potete leggere, in queste pagine, la sintesi degli interventi portati dai tecnici e dagli specialisti, compresa la chiara disamina giuridico-tecnica svolta dal portavoce delle Capitanerie/Guardia Costiera. Sarebbe presuntuoso da parte nostra credere di poter aggiungere qualcosa di più e di più nuovo. Però è anche vero che, dal punto di vista dei territori, tutta la casistica del GNL in Italia, con i progetti già realizzati, quelli in corso d’opera e quelli in fieri, ha un’incidenza che non è affatto superfluo enfatizzare.
Possiamo partire, visto che siamo a Livorno, con la vicenda del terminal offshore. Dieci anni fa, quando l’idea è partita, sembrava quasi di proporre d’andare su Marte. E anche tralasciando il consueto show dei comitati NIMBY, che a lungo agitarono gli spettri del pericolo davanti al porto, dell’inquinamento (?) marino, del disturbo terrorizzante per le povere balene del santuario dei cetacei (??) ci furono anche perplessità da fonti serie, sul piano dell’opportunità di una tecnologia tanto innovativa.
Oggi sappiamo che sul piano tecnologico non c’erano rivoluzioni da tentare, ma solo metodologie da applicare. Sappiamo che sul piano delle ricadute sul territorio, il terminale offshore ha portato al finanziamento di progetti – ambientali e non – che sarebbe stato impossibile realizzare in altro modo (citiamo solo l’apertura dell’incile tra il Canale dei Navicelli e l’Arno, ormai prossimo a rivoluzionare anche l’accessibilità della Darsena Pisana per le navi da diporto). Sappiamo che malgrado la straordinaria crisi mondiale scoppiata proprio in coincidenza con la creazione del terminal offshore, il gas naturale stoccato nel grande scafo ha rappresentato una garanzia per tutti i consumatori italiani, fossero essi industrie, artigiani o famiglie. I dati che ci sono stati riferiti di recente, e che sono stati ribaditi anche ieri nelle relazioni tecniche, confermano tra l‘altro che i consumi di GNL stanno tornando a crescere, con la ripresa (faticosa e non ancora consolidata, ma comunque in atto) della produzione industriale. E in una realtà che finalmente sembra vedere la fine del lungo e amaro tunnel, la garanzia del terminale OLT di Livorno proprio quando le tensioni internazionali mettono a rischio molti dei tradizionali fornitori di gas metano è un punto fermo. Tanto che i progetti si stanno moltiplicando, e non solo nel Mediterraneo.
L’aspetto navale del problema ha poi uno sviluppo che è entrato non solo nelle prospettive, ma nell’immediato. E’ stato rilevato, nelle relazioni di ieri ma anche nei tanti studi che circolano sul tema, che il Mediterraneo è fortemente in ritardo nella salvaguardia ambientale – sull’obbligo di “fuel” meno inquinanti in particolare – rispetto al nord Europa e anche a parte del Nord America. Sembra – e probabilmente lo è – un assurdo: che un mare chiuso e di pochissimo e faticoso ricambio come il Mediterraneo abbia ottenuto deroghe di anni per la riduzione dei carburanti con lo zolfo si giustifica solo sul piano economico, ma non certo su quello dei principi. Va riconosciuto peraltro che in questi ultimi anni c’è stata una presa di coscienza davvero significativa non solo nell’opinione pubblica, ma anche nella classe politica e negli armatori: tanto che le deroghe di legge ai tempi di riduzione degli inquinanti nei “fuel” navali sono state almeno in parte superate proprio con la messa in servizio delle prime navi a GNL, con il crescere delle proposte di terminali e stazioni di rifornimento costiere, con il fiorire di piccole ma dinamiche aziende diventate all’avanguardia delle tecnologie per la costruzione di serbatoi per le bassissime temperature richieste dal GNL, per la trasformazione dei motori in bi-fuel, per la distribuzione, lo stoccaggio e la “safety” nel settore.
Anche il settore pubblico, che spesso accusiamo di arrivare in ritardo e con mille vincoli burocratici, nel caso del GNL sembra essersi messo in moto. La relazione dell’ammiraglio Giardina delle Capitanerie ha solo accennato a quanto la nostra marina militare sta facendo nel settore, con l’avanzata sperimentazione di navi già dotate di alimentazione a GNL. Gli studi all’interno del MIT, il ministero delle infrastrutture e trasporti, sono tutt’altro che marginali e riguardano sia i trasporti merci pesanti, sia le stesse ferrovie, sia ovviamente la parte navale. Ed è il principio delle bettoline per la distribuzione costiera del GNL che può ovviare ai problemi nazionali legati alla conformazione geografica peninsulare. Non a caso il terminale che oggi figura tra i più avanzati è quello di Oristano in Sardegna, una regione – e un’isola – che conosce il metano solo attraverso le bombole. Per il sud Italia, per le isole – sia quelle maggiori che quelle minori – non è assurdo ipotizzare un rifornimento via mare via via più capillare. Che ci restituisca anche la speranza in un prossimo futuro più pulito per tutti e specialmente per i nostri figli.
Antonio Fulvi
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