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“Nautica Italiana” esce anche da Confindustria

Il gruppo dei “grandi” era già uscito da Ucina l’anno scorso – La replica della storica associazione delle aziende del settore

Carla Demaria

ROMA – I maggiori produttori italiani di yacht e megayacht e alcune tra le principali aziende di produzioni industriali nautiche del nostro Paese – Apreamare, Azimut|Benetti, Baglietto, Cantiere delle Marche, Cantieri di Sarnico, Colombo, Gruppo Ferretti, Maltese, Mase Generators, Mondomarine e cantieri di Pisa, Opem Sistemi, Perini, Picchiotti, Tecnopool, Viareggio Superyacht, Vismara Marine – ha annunciato la propria uscita da Confindustria.
[hidepost]La decisione è stata motivata “dalla ormai prolungata mancanza di attenzione, servizi e dedizione strategica al comparto nautico da parte di questa Confindustria, che si limita a svolgere una attività di supporto sindacale per le aziende a fronte di cospicui contributi.
“Tale disattenzione si è addirittura manifestata in modo scandaloso, nella sostanza e nella forma, per la mancata implementazione di una federazione di scopo, più volte annunciata, che avrebbe dovuto raccogliere tutti gli operatori del settore”.
“Per analoghe ragioni di immobilismo e di etica – dice una nota ufficiale – gli stessi produttori ed altre 60 primarie aziende erano usciti nel 2015 da Ucina, che in questi anni non ha saputo bilanciare correttamente le iniziative a supporto della piccola nautica e di quella di grandi dimensioni, che si è invece concentrata principalmente sull’organizzazione del salone nautico di Genova. Ucina non presta alcuna attenzione all’innovazione, ma per contro redige bilanci sui quali sono stati sollevati gravi dubbi dall’organo competente, tanto in Ucina stessa, quanto in sede confederale. Ultimo, ma non ultimo, si tratta di una associazione presieduta da un dipendente di un gruppo francese, il gruppo Bénéteau, diretto concorrente della industria italiana. Un elemento poco compatibile per aziende impegnate a tenere alta l’immagine del Made in Italy nel mondo.
“Già nel 2015 queste 67 aziende italiane – continua la nota – che sono di gran lunga il nerbo portante, la spina dorsale della nautica italiana – che impiegano nel loro complesso 4500 dipendenti diretti, 15.000 operatori dell’indotto, esprimono un valore della produzione di 1500 milioni di euro e che rappresentano l’80% della produzione italiana di imbarcazioni e il 95% del valore delle esportazioni – hanno dato vita ad una prestigiosa associazione denominata Nautica Italiana. In quanto rappresentanti dei più prestigiosi marchi del Made in Italy nel mondo, è stata naturale la loro affiliazione ad Altagamma, l’associazione che raccoglie le aziende dell’eccellenza italiana. In Altagamma le aziende nautiche sono state accolte con entusiasmo e favore e possono ora svolgere tutte quelle attività di innovazione e promozione sconosciute in Confindustria e Ucina. Nautica Italiana, di cui è presidente Lamberto Tacoli di Ferretti, realtà associativa pragmatica, innovatrice e costruttiva – dice la nota – ha adottato immediatamente un codice etico per distinguersi in un’Italia che talvolta all’estero sconta seri dubbi di credibilità; ha redatto un pacchetto di proposte normative da sottoporre al Governo, tese al rilancio del settore vessato da anni di persecuzioni ed errori da parte di politici e Pubblica Amministrazione; ha predisposto un palinsesto di eventi, di prossima pubblicazione, atti a far conoscere in modo efficace la produzione nautica italiana nel mondo. Nautica Italiana rappresenta un gruppo unito e compatto, desideroso del riscatto. Lo dimostra il fatto che quasi ogni giorno raccoglie nuove adesioni.
“In relazione a quanto precede – conclude il comunicato – le aziende Apreamare, Azimut|Benetti, Baglietto, Cantiere delle Marche, Cantieri di Sarnico, Colombo, Gruppo Ferretti, Maltese, Mase Generators, Mondomarine e cantieri di Pisa, Opem Sistemi, Perini, Picchiotti, Tecnopool, Viareggio Superyacht, Vismara Marine rescindono formalmente la propria iscrizione da tutte le associazioni territoriali in cui sono presenti le proprie sedi ed i propri cantieri”.

* * *

La risposta di Ucina non si è fatta attendere: dopo aver ricordato che l’elezione di Carla Demaria è stata pressochè unanime, l’Ucina in un comunicato afferma che l’uscita di Nautica Italiana da Confindustria è dovuta al rifiuto bdella stessa Confindustria di ammettere la nuova associazione.
“Giovedi scorso 21 luglio Confindustria, dopo attenta analisi – dice la nota di Ucina – respinge la domanda di ingresso in Confindustria presentata da Nautica Italiana. La motivazione è il riconoscimento oggettivo della maggiore rappresentatività di Ucina rispetto al sistema nautico italiano. Subito dopo dopo Nautica Italiana pubblica un comunicato stampa – continua la nota di Ucina – gravido di ingiurie e falsità nei confronti di Ucina, colpevole solo di avere dimostrato la propria maggiore rappresentatività, confermata anche dall’appartenenza al sistema di Confindustria che origina dall’anno 1967. Le regole di Confindustria ammettono una sola associazione rappresentativa del sistema della nautica italiana e questa è stata confermata essere Ucina alla luce di elementi oggettivi. Quindici aziende (12 considerando l’appartenenza a 3 gruppi), aderenti a Nautica Italiana, dichiarano di voler uscire da Confindustria. Comportamento in evidente disprezzo delle regole del buon diritto”.
“Spiace dover constatare – continua Ucina – che a distanza di oltre un anno le poche aziende fuoriuscite continuino a disprezzare i principi della democrazia e le regole del buon diritto. Spiace ancora constatare che le poche aziende fuoriuscite si scaglino con ingiustificata acrimonia contro Ucina, le aziende ad essa consociate, le persone che la rappresentano e lavorano per il suo successo, introducendo elementi di evidente falsità con parole aggressive e violente.
“L’auspicio formulato da Ucina è stato e sarà sempre quello della ricomposizione nella ricerca della difesa degli interessi comuni e generali del settore della nautica del nostro Paese, che viene rappresentato – ancora una volta ve ne è stata conferma – da Ucina Confindustria Nautica”.
“Chi ha la forza e la ragione deve però possedere anche la responsabilità” – commenta Carla Demaria, presidente di Ucina Confindustria Nautica – “per questo abbiamo accolto fin da subito le sollecitazioni del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, del sottosegretario Ivan Scalfarotto, del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e del Governatore della Liguria, Giovanni Toti, a compiere ogni possibile sforzo per una ricomposizione. Questo strappo veramente surreale e sopra le righe danneggia tutto questo lavoro – ed evidentemente questo era il fine – ma anche tutto il Comparto della nautica del nostro Paese. Non può sfuggire come il tutto avvenga alla vigilia della conferenza stampa di presentazione del Salone Nautico 2016, programmata per lunedì 25 luglio a Genova, Salone fortemente voluto da Ucina e fermamente contrastato dalle poche aziende fuoriuscite”.

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Pubblicato il
27 Luglio 2016

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