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Via all’esame della riforma dei porti nella 8° commissione del Senato

Confermato l’impegno a chiudere con i pareri anche della Camera entro il prossimo mese – Le indicazioni del Consiglio di Stato e le richieste del presidente della commissione Altero Matteoli per Capraia e l’Ogliastra – I primi interventi sui temi più controversi

ROMA – Si sta entrando nel vivo della discussione sulla riforma dei porti. E’ toccato all’8ª commissione Lavori Pubblici del Senato avviare l’esame del decreto legislativo con l’inizio di una discussione che ha posto già alcune importanti premesse: prima delle quali, la decisione del governo di arrivare a concludere l’iter della legge, farla approvare e passare alle nomine dei presidenti delle Autorità di sistema entro il prossimo luglio.
[hidepost]In commissione, il relatore Marco Filippi (PD) ha illustrato il provvedimento in esame, ricordando in proposito la lunga gestazione della riforma del sistema delle autorità portuali, segnalando che in allegato allo schema di decreto legislativo sono presenti i pareri espressi rispettivamente dalla Conferenza unificata e dal Consiglio di Stato, di cui raccomanda l’attenta lettura. In particolare, il parere del Consiglio di Stato contiene molti spunti preziosi di riflessione.
Il provvedimento in esame – ha detto ancora Filippi – modifica solo una parte della legge n. 84 del 1994, ossia quella relativa alla governance del sistema portuale, attraverso il riordino e la razionalizzazione delle autorità portuali. Tale scelta del Governo è di grande rilevanza – ha detto ancora il senatore livornese – perché proprio le incongruenze e i limiti dell’attuale modello delle autorità portuali hanno rappresentato, in questi anni, uno dei principali problemi per lo sviluppo e il rilancio del sistema portuale italiano.
Opportunamente, quindi, lo schema di decreto in esame provvede anzitutto a sostituire le attuali 24 autorità portuali con 15 autorità di sistema portuale (AdSP); inoltre, mentre le autorità vigenti esercitano il loro controllo su 38 porti commerciali (gli altri 38 essendo amministrati dall’Autorità marittima o, in alcuni casi, dalle regioni), le nuove autorità di sistema portuale amministreranno 54 porti e avranno sede nei porti centrali, definiti core dalla normativa europea.
In questo modo, ciascuna autorità controllerà uno o più porti, con l’obiettivo di rafforzare il coordinamento tra gli stessi e superare la frammentazione della dimensione “monoscalo” che ha finora contrassegnato il sistema italiano, ma che è ormai assolutamente inadatta a fronteggiare la concorrenza internazionale dei grandi porti europei (in particolare quello di Rotterdam). Nel contempo, la riforma proposta dal provvedimento rafforza il ruolo di programmazione e coordinamento strategico, a livello nazionale, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La riforma sarà anche l’occasione per superare le pratiche sbagliate del passato che hanno visto, come già ricordato, una competizione implosiva tra i vari scali e spesso addirittura all’interno dello stesso scalo.
Filippi ha inoltre ricordato che si impone ormai una logica di sistema e una regia forte da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dei soggetti da lui delegati. “Si eviterà così anche un’altra politica deteriore del passato – ha detto – nella quale ogni porto ha avviato progetti di sviluppo e ampliamento decisamente eccessivi, spesso improntati a un gigantismo che è assai superiore alle concrete potenzialità di mercato”.
Tra gli ulteriori, significativi elementi di novità introdotti dall’atto del Governo in esame,ha richiamato poi lo sportello unico doganale (SUD), attraverso il quale si mira a razionalizzare le procedure e a ridurre i tempi per lo sdoganamento delle merci, anche attraverso un raccordo tra gli scali di ciascuna autorità portuale, nell’ambito della piattaforma logistica nazionale (PNL).
Pur in una impostazione generalmente condivisibile,il relatore ha reputato che “lo schema presenti tuttavia alcuni aspetti suscettibili di miglioramento, sui quali è opportuna una riflessione critica. In proposito, si riserva di introdurre nel parere che la Commissione dovrà esprimere al Governo una serie di condizioni, nonché di raccomandazioni e osservazioni che possano segnalare i necessari miglioramenti del testo”.
Un aspetto importante è il cambiamento delle procedure di nomina del presidente dell’autorità, rispetto all’iter previsto attualmente dalla legge n. 84 e che più volte è stato oggetto di inconvenienti e contestazioni. L’articolo 8 dello schema prevede che il presidente sia nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di intesa con il presidente o i presidenti delle regioni interessate. Si tratta di un fatto certamente positivo, in quanto più si alza il livello di responsabilità dell’intesa istituzionale, più si garantisce la qualità e l’indipendenza del soggetto designato come presidente. A questo proposito – si è detto in commissione – il ministro Delrio stesso ha più volte ribadito che le nomine saranno fatte con personaggi di altissimo livello professionale su logistica e portualità: una promessa che – ci sia consentito un commento da giornalisti un po’ scettici per natura – non mancherà di essere verificata poi sulla base delle mediazioni politiche già in atto.
Altri temi illustrati da Filippi: in luogo del vigente comitato portuale, l’articolo 9 dello schema introduce il comitato di gestione, riducendone però i componenti in modo da accentuarne le caratteristiche di organo di amministrazione attiva del porto. Infatti, vengono esclusi i rappresentanti delle categorie produttive e dei lavoratori, che sono invece inclusi nel nuovo tavolo di partenariato della risorsa mare di cui all’articolo 12, che prende il posto dell’attuale commissione consultiva. Il relatore ha detto di ritenere che tale scelta, che produrrà certo una modifica sensibile degli attuali assetti di molti porti italiani, sia molto opportuna, in quanto introduce una distinzione più chiara di ruoli tra chi ha compiti di indirizzo, consulenza e controllo, e chi invece ha funzioni di gestione e decisione.
Al tempo stesso, occorrerà potenziare il ruolo di consulenza e assistenza del tavolo di partenariato, proprio per assicurare la giusta rappresentanza degli interessi di tutti gli operatori portuali.
Un altro aspetto certamente positivo dello schema è il rafforzamento della funzione di coordinamento e indirizzo strategico del sistema portuale nazionale affidata al nuovo tavolo nazionale di coordinamento delle AdSP istituito dallo stesso articolo 12: in proposito, rileva però che questo tavolo dovrebbe essere presieduto direttamente dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e non da un altro soggetto, come indicato nello schema di decreto. Si tratta di un aspetto essenziale sul quale preannuncia l’intenzione di proporre una condizione all’interno dello schema di parere.
Si è soffermato poi sull’articolo 4 del provvedimento in esame, che riformula le procedure di definizione del piano regolatore portuale, che sono però a suo avviso troppo lunghe e complesse, inadeguate rispetto alle esigenze di ammodernamento e ampliamento dei porti italiani. Nella norma si prevede infatti che le varianti ai piani regolatori attuali siano adottati dal comitato di gestione previa dichiarazione di non contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti del comune o dei comuni interessati.
Questo però significa che il piano regolatore portuale sarà sempre subordinato alla preventiva approvazione del piano regolatore comunale e questo richiederà inevitabilmente tempi più lunghi per qualsiasi intervento. Sarebbe invece preferibile una soluzione più snella, come quella che era prefigurata nel testo dei disegni di legge nn. 120 e 370, nel quale si configurava il piano regolatore portuale come variante del piano regolatore generale, dotata di una sua specifica autonomia, fatta salva un’opposizione espressa delle autorità comunali.
Viene richiamato da Filippi poi l’articolo 18, relativo allo sportello unico doganale (SUD), che potrebbe porsi come vero elemento di propulsione dello sviluppo dei porti: già ora, grazie al progresso delle nuove tecnologie, in molti porti come La Spezia si riesce a ridurre drasticamente i tempi di sdoganamento delle merci e questo rappresenta un indubbio vantaggio competitivo.
Anche l’articolo 15 del provvedimento, che introduce lo sportello unico amministrativo (SUA), presso il quale dovrebbero essere accentrati tutti i procedimenti amministrativi e autorizzativi che non riguardano le attività commerciali e industriali del porto, si pone come importante elemento di razionalizzazione e semplificazione a favore degli operatori portuali.
Infine, il relatore ha rinviato per gli approfondimenti sulle singole disposizioni del testo in esame all’ampia e puntuale documentazione predisposta dagli Uffici.
Gli interventi nella successiva discussione generale sono stati aperti dal senatore Ranucci (PD) che ha citato il caso della recente apertura del cantiere per la realizzazione del nuovo mercato del pesce sul lungomare di Gaeta, progettato dal comune e finanziato dall’Autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta. A parte gli aspetti di merito dell’iniziativa (a suo avviso molto discutibile anche per i problemi igienico-sanitari che potrebbero derivare dal trasporto a cielo aperto di alcuni prodotti), ha evidenziato che il caso in questione è un esempio della commistione impropria tra autorità portuali e istituzioni di governo del territorio che, purtroppo, si registra in tanti porti italiani. Per Ranucci inoltre 15 autorità portuali sono ancora troppe per un Paese delle dimensioni dell’Italia. Il volume dei traffici non giustifica infatti questa frammentazione, pur riconoscendo che, rispetto alle 24 autorità attuali, si tratta comunque di un importante passo in avanti.
Il presidente Matteoli (FI-PdL XVII) ha osservato che, con i 76 porti commerciali attuali (38 dei quali gestiti dalle autorità portuali e 38 dalle autorità marittime o dalle regioni), passare a meno di 15 autorità portuali era oggettivamente difficile. Del resto, nella definizione dei porti affidati alle singole autorità di sistema portuale, nota che sono state in alcuni casi fatte delle esclusioni non comprensibili: cita in particolare il caso del porto dell’isola di Capraia e dei porti dell’Ogliastra, che non risultano ricompresi nelle circoscrizioni di nessuna delle nuove autorità di sistema portuale, il che mette a rischio la stessa attività delle relative banchine.
Il senatore Cioffi (M5S) ha detto che l’impostazione di questo schema di decreto rivela un’intenzione di accentramento e concentrazione del potere che è tipica dell’attuale Governo e che rischia di creare ulteriori forzature. Pur con questa critica, ha dichiarato comunque la disponibilità del suo Gruppo a confrontarsi nel merito e senza pregiudizi sulle varie questioni, come già avvenuto durante l’esame dei disegni di legge nn. 120 e 370. Sui singoli punti, ha concordato con il relatore sul fatto che il piano regolatore portuale debba essere indipendente e autonomo da quello comunale, fatto salvo il diritto di opposizione da parte dell’amministrazione municipale. Occorrerà comunque valutare attentamente i piani di sviluppo dei vari porti, verificando se, ad esempio, la richiesta di molti scali di aumentare le banchine per i container risponda effettivamente alle moderne dinamiche del traffico merci. Occorrerebbe poi verificare i piani economico-finanziari e l’effettiva capacità di ritorno di ciascun progetto di investimento.
La discussione continuerà. Un dato è emerso chiaramente: le commissioni, sia della Camera e del Senato, non intendono prendersi tutto il tempo previsto dalla legge per elaborare i loro suggerimenti, ma “chiuderanno” entro giugno. C’è la frusta del governo che vuole far presto. Sperando, ovviamente, di fare anche bene.
A.F.

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Pubblicato il
28 Maggio 2016

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