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L’armamento e la riforma dei porti

ROMA – Dunque la flotta mercantile italiana torna a crescere, dopo i due anni neri del 2013 e 2014. E giustamente Manuel Grimaldi, presidente di Confitarma e a sua volta tra i principali armatori europei, ha sottolineato nell’assemblea (vedi a fianco) che tra le concause del rilancio c’è il registro internazionale italiano, con le sue agevolazioni e il riconoscimento del ruolo strategico della flotta.
[hidepost]Ma c’è anche l’orgoglio degli armatori nel difendere un ruolo storico per l’Italia.
Durante l’articolato intervento di Grimaldi, ma specialmente prima e dopo, l’affollata sala dell’assemblea è stata come sempre un fiorire di commenti e di valutazioni personalizzate. E varrà la pena di tornare su uno dei temi, quello analizzato dai due studi presentati dalla commissione navigazione a corto raggio di Roberto Martinoli (Gnv) sullo Short Sea Shipping: perché il cabotaggio, che viene oggi definito come il presente e il futuro delle Autostrade del mare, continua ad essere uno degli obiettivi primari della politica dei trasporti della UE, sia pure con tutte le limitazioni che ancora esistono per i “colli di bottiglia” all’uscita (e all’ingresso) dei porti. Ancora una volta dalla sala sono arrivati messaggi di sollecito verso il governo perché la riforma dei porti – di nuovo annunciata come “prossima” – a questo punto esca dalle mille incertezze che il gossip elenca e specialmente risponda davvero alle esigenze della logistica nazionale ed europea; facendo giustizia di tutte le resistenze parassitarie sulle poltrone delle Autorità portuali, sulle beghe campanilistiche e sui protettorati partitici. Con la ovvia preoccupazione che, allungandosi i tempi, aumentano i rischi, già oggi elevati.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
24 Ottobre 2015

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