Visita il sito web
Tempo per la lettura: 5 minuti

Capitanerie di porto e riforma Madia opportunità (e rischi) per ottimizzare

Dai 150 anni di vita del Corpo alle prospettive di una riorganizzazione delle funzioni dello Stato sul mare – L’equivoco delle “duplicazioni” e l’utilizzazione dei mezzi navali per una “funzione navale” che abbraccia anche l’Ambiente e la sicurezza

Marco Brusco

ROMA – Capitanerie di porto e Guardia Costiera: mai come in questi tempi se n’è parlato, e non solo per il 150° anniversario del Corpo. I tentativi, attraverso la “spending review” di tirare qualche siluro al corpo sembrano sventati. Ma in vista del cambio della guardia al vertice, le opinioni di chi ha vissuto e continua a vivere il settore possono essere di aiuto, specie se dotate di spirito critico e acutezza di analisi.
E’ il caso dell’ammiraglio ispettore capo (R) Marco Brusco. Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto dall’ottobre del 2010 al febbraio del 2012, incarico di vertice con il quale ha concluso una brillante carriera da ufficiale del Corpo, ha rivestito numerosi incarichi di comando di importanti porti italiani (Viareggio, La Spezia, Livorno e Genova).
[hidepost]

Gli abbiamo chiesto di tracciare un quadro delle funzioni del Corpo delle Capitanerie di porto, connesse agli usi civili e produttivi del mare: dalla salvaguardia della vita umana in mare (che vede il Corpo impegnato nel canale di Sicilia in prima linea) alla tutela dell’ambiente marino, controllo della pesca, sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo. In particolare, gli abbiamo chiesto quali contributi le Autorità marittime potranno dare al Paese, in questo nuovo scenario che sta andando a delinearsi in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in vista dell’attuazione della “legge Madia”.

Ammiraglio, l’emergenza immigrazione è ormai un tema che porta alla difficile ricerca di una risposta comune dell’UE. Le Capitanerie di porto sono ogni giorno impegnate in uno sforzo straordinario per far fronte ad un evento epocale.
La ricerca e il soccorso in mare è affidata alla responsabilità politica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, onere che viene assolto attraverso l’esercizio tecnico della funzione di coordinamento ed intervento demandata al Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. La centrale operativa di Roma del Comando generale svolge in maniera puntuale il proprio ruolo di coordinamento di tutte le risorse disponibili, incluso il contributo del naviglio mercantile. Oggi a distanza di anni il fenomeno migratorio ha assunto consistenza senza precedenti. Il dispositivo aeronavale del Corpo è impegnato ogni giorno a far fronte ad un fenomeno dalle dimensioni straordinarie, agisce efficacemente ed al meglio delle proprie capacità. E’ per questo che l’azione dell’Italia, oltre che in ottemperanza alle regole internazionali in tema di soccorso, si è spinta ben oltre l’area di responsabilità assegnata: si agisce in ossequio ad uno stringente principio non soltanto giuridico, ma anche morale e di civiltà. E’ doveroso sottolineare peraltro che il Corpo opera per la salvaguardia della vita umana da molto tempo e non è nuovo alla necessità di far fronte a scenari con numeri di persone a rischio così alti, dalla crisi albanese dei primi anni ’90 in avanti fino all’evento Costa Concordia, di cui ho diretta esperienza per aver segnato gli ultimi mesi del mio mandato da Comandante generale. Nella notte tra il 13 ed il 14 gennaio del 2012 riuscimmo, in uno sforzo collettivo con tutti i soggetti che operarono in concorso, a metter in salvo 4.197 persone. Il filo rosso che lega tutti questi eventi è quello dell’efficacia dell’organo chiamato dalla legge a coordinare le operazioni di soccorso. C’è chi in talune condizioni è chiamato a contribuire e chi invece ha il dovere di intervenire e coordinare. Non è una differenza da poco. Ogni tanto spiace assistere ad una disinvolta “confusione”, per cui chi concorre – seppur meritoriamente – nell’azione di soccorso fa apparire di essere l’“attore protagonista” o, addirittura, il “regista” … ma è solo un fatto di stratagemmi mediatici sui cui non vale la pena soffermarsi.
Il corpo che Lei ha guidato non si occupa solo di salvataggi. Come si è evoluto l’apporto del Corpo delle capitanerie di porto nei settori della tutela ambientale, del controllo della pesca e della sicurezza del trasporto marittimo?
Sono sicuro di non fare torto alla verità nell’affermare che le Autorità marittime esercitano un ruolo centrale, insostituibile e indispensabile in tutte le attività marittime ed in particolare in quelle che sono espressione della capacità di crescita e sviluppo dell’economia del mare. Le Capitanerie di porto – Guardia Costiera, nel nostro Paese, sono espressione di un’organizzazione flessibile, che costa assai poco in rapporto ai servizi pubblici che offre. Il Corpo gestisce, controlla, tutela tutti gli aspetti legati all’uso civile e produttivo degli spazi marittimi. Nel far ciò “produce” ricchezza, è un attore dell’economia reale. Esercita, ogni giorno, la responsabilità di funzioni che incidono su attività legate alle risorse che derivano dal mare, sia quale fonte di risorse naturali – innanzitutto quelle ittiche – da tutelare, che quale via di comunicazione e trasporto. Le altre Amministrazioni dello Stato offrono il proprio contributo strumentale all’istituzione responsabile della funzione principale, secondo quel criterio che regola, in maniera chiara, la distribuzione del “dover fare”, delle responsabilità tra gli organi dei Dicasteri. Le diverse attribuzioni funzionali del Corpo delle Capitanerie di porto hanno consolidato una versatilità maturata in un lungo processo storico, avviato 150 anni fa. Un bagaglio di esperienza tecnico amministrativa e capacità operativa che appartiene al “patrimonio genetico” delle Capitanerie di porto, il cui sviluppo successivo ha poi permesso di adeguarsi alle mutate esigenze del cluster marittimo, dei cittadini e più in generale alle nuove, emergenti, istanze di salvaguardia. Ritengo con onestà e spirito costruttivo che collocare le Capitanerie nel quadro istituzionale moderno non può non far emergere un elemento funzionale attrattivo, prevalente e concreto: ovvero che il ruolo del Corpo, il suo core business, è legato ad assolvere a responsabilità strettamente legate all’uso civile e produttivo del mare.
Infine, una sua opinione sulla riorganizzazione della presenza dello Stato in mare.
Quanto alle prospettive di una riorganizzazione delle forze operanti in mare, la “legge Madia” ha previsto una delega finalizzata ad eliminare nell’organizzazione della P.A. “duplicazioni organizzative, logistiche e funzionali, nonché ottimizzazione di mezzi e infrastrutture”. Al riguardo, per il Corpo occorre evidenziare che non si registra alcuna sovrapposizione o duplicazione con altre amministrazioni nelle materie di specifica attribuzione dei ministri dai quali il Corpo dipende. L’Ordinamento vigente attribuisce a ciascun Ministero precise funzioni e compiti, e relative responsabilità. Il coordinamento per le forze operanti in mare è già esistente ed opera in maniera efficace e produttiva. Potranno certamente individuarsi spazi per migliorare relazioni di coordinamento ed affinare o snellire procedure. Sarà il titolare della funzione a coordinare, mentre chi “concorre” potrà contribuire “a richiesta” al fine di evitare sovrapposizioni. Il Corpo, attraverso la propria organizzazione territoriale ed operativa, assolve alle proprie funzioni con un elevatissimo livello di specializzazione, professionalità e diligenza. Tale coordinamento non riguarda solo la condotta delle operazioni di soccorso alla vita umana in mare, ma anche la lotta all’inquinamento marino e la tutela della filiera ittica. Purtroppo, sul tema della riorganizzazione della presenza dello Stato in mare stiamo assistendo al rischio che un’operazione di profonda mistificazione trovi pericolosamente sviluppo. Talvolta accade che autonome iniziative, invocando un contenimento della spesa pubblica, mirano ad acquisire nuove competenze. Invece è necessario distinguere nettamente tra amministrazioni titolari ex lege di precise funzioni e responsabilità e amministrazioni chiamate ad offrire un contributo strumentale all’amministrazione titolare della funzione principale, da tutelare. Il contributo offerto dalle amministrazioni “concorrenti” è vincolato alla richiesta di un concorso da parte del titolare della funzione stessa ed in capo al quale permane la responsabilità. Il Governo, nell’attuare la delega, saprà operare per la miglior tutela di settori complessi della vita produttiva del Paese, legati alla sicurezza della navigazione, del trasporto marittimo, alla salvaguardia della vita umana in mare, dell’ambiente marino e delle risorse ittiche. Sono questi gli interessi generali del “sistema mare” verso cui si orientano le risorse dei Dicasteri di riferimento, – trasporti, ambiente e pesca – titolari delle importanti funzioni affidate all’esercizio tecnico del Corpo delle Capitanerie di porto. Un patrimonio professionale e modello per gli altri Paesi che, se adeguatamente protetto, continuerà a non tradire le aspettative con un contributo tangibile, sul piano della crescita, dell’economia reale. Al Corpo è riconosciuto il primato di essere la prima forza di polizia per numero di accertamenti compiuti in materia ambientale. Inoltre le attività di vigilanza e controllo sulla pesca non hanno eguali, in termini di efficacia ed efficienza, fra le altre forze di polizia o forze armate.
A.F.

[/hidepost]

Pubblicato il
21 Ottobre 2015

Potrebbe interessarti

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora

La quiete dopo la tempesta

Qualcuno se lo sta chiedendo: dopo la tempestosa tempesta scatenata a Livorno dall’utilizzo del Tdt per le auto di Grimaldi, da qualche tempo tutto tace: sul terminal sbarcano migliaia di auto, la joint-venture tra...

Leggi ancora