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Sui fondali della Piattaforma Europa le valutazioni tecniche del TDT

Perché basterebbero 16 metri o poco più per le navi delle ultime generazioni – Il connesso problema dei forti finanziamenti dei terminalisti

Luca Becce

E’ il primo operatore terminalista del porto di Livorno, ed è anche il primo ad uscire allo scoperto, con nome e cognome, su quello che è ormai il “tormentone” dei fondali per la Piattaforma Europa. Ecco l’intervento.
LIVORNO – A proposito della Darsena Europa, in questi giorni sta tenendo il centro della scena la questione della profondità dei fondali. Intervengo per cercare di dare un contributo su questo punto, partendo dal punto di vista dell’operatore terminalista.
[hidepost]Non c’è dubbio che maggiore sarà la profondità, meglio sarà in termini di mancate limitazioni operative per le navi che scaleranno il nuovo porto. Ma fino a che punto è vera questa affermazione? O meglio, da dove, da quale quota di profondità minima quelle limitazioni sono davvero ostative all’operatività delle grandi navi, sia quelle già in acqua da 18.000 teu (che hanno un pescaggio a pieno carico di 16 metri) sia quelle in costruzione da 20/21.000 (che arrivano ai 16.45 mt)? Mi pare che la domanda da porsi correttamente sia questa.
Una risposta a queste domande viene dalla realtà dei grandi porti del nord Europa, che lavorano già con navi di quelle dimensioni. Le profondità della maggior parte degli accosti dedicati ai container nei porti del Nord Europa variano da un minimo di 15 (Amburgo) a un massimo di 19 metri (Anversa), per mia conoscenza, con l’unica eccezione del porto di Rotterdam che di recente ha raggiunto quote superiori (20/24). Senza che ciò pregiudichi né nel presente né nel futuro la loro dedicabilità alle mega ships portacontainer. Anzi, in questa situazione, in quei porti gli operatori continuano a investire milioni e milioni di euro per aggiornare gli equipments, a cominciare dalle gru di banchina, per poter lavorare navi della massima dimensione, che svilupperanno altezze operative (oltre 50 mt) e larghezze (oltre 63 mt) molto elevate, più che maggiori pescaggi, che resteranno della dimensione compresa tra i 16 e i 17 mt.
In questi mesi è stata divulgata la notizia che il Terminal VTE di Genova Voltri, ha acquistato 4 gru capaci di lavorare navi da 18/20.000 teu e altre 4 prevede di ordinarne. Contemporaneamente, sempre a Voltri, stanno per iniziare dragaggi per ripristinare la profondità di 15 metri.
La spiegazione a questi fatti è semplice. Provo a riassumerla in due ragioni: a) le navi non viaggiano quasi mai a pieno carico e gli armatori normalmente gestiscono i pescaggi anche in ragione della caratteristica dei tanti porti che devono scalare; b) la quantità di acqua sotto la chiglia della nave per consentirne la manovrabilità in sicurezza è proporzionale alla dimensione degli spazi nei quali la nave deve manovrare. Se gli spazi sono vasti quella quota residua tra pescaggio e fondo potrà essere ridotta, anche abbondantemente sotto il metro.
Quindi va benissimo spingere perché da subito si esplori la possibilità di scavare fino al massimo possibile oltre i 16 metri già previsti per la Darsena Europa. Ma non va bene, a mio parere, porre questa questione come dirimente per la validità del progetto, progetto che resta straordinariamente attrattivo rispetto al panorama mediterraneo, per la sua interconnessione infrastrutturale, per la mancanza di restrizioni operative date da fattori esterni (coni aerei etc), per la vastità delle aree di stoccaggio, del bacino di evoluzione e per la semplicità di ingresso e di ormeggio delle navi.
Luca Becce

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Pubblicato il
26 Settembre 2015

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