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La storia della carcassa del capodoglio che ha viaggiato lungocosta in Toscana per giorni

Solo dopo lunghe consultazioni è stata “ripescata” nel porto di Livorno – L’aumento delle specie ittiche migrate attraverso il canale di Suez e di quelle che dalla Sicilia si sono ormai spostate verso nord

Nella foto (Carlo Cavaciocchi): il cetaceo issato dalla gru di Bettarini.

LIVORNO – Sulle secche della Meloria, a tre miglia dal porto labronico, da fine luglio a pochi giorni fa è stata misurata a 27,5 gradi la temperatura del mare. Febbre alta, nei parametri riferiti a un luglio “normale”. E in questi primi giorni di agosto alla Capraia Giorgio Romano, studente-pescatore professionista del peschereccio “Iolanda”, ha addirittura trovato delle bolle di mare con un grado di più. Tanto che qualche geologo sta controllando che non si tratti di acque calde di attività vulcanica sottomarina. Succede anche questo, nella seconda metà di agosto dell’estate più calda – secondo le rilevazioni ufficiali – degli ultimi settant’anni. E succede che la carcassa di un capodoglio in avanzato stato di putrefazione navighi pigramente per due giorni, tra Marina di Pisa e il Chioma, prima che ci si decida a “ripescarla” e ad avviarla alla discarica.
[hidepost]Tra parentesi, grazie alla disponibilità del terminal di Cristiano Lucarelli che ha fornito la banchina per l’operazione. Da sottolineare, con il sorriso sulle labbra, che per buona parte della stampa il capodoglio è stato sbrigativamente definito balena: il che sarebbe come chiamare un cane gatto solo perché sono entrambi mammiferi.
Tornando al mare, sul Tirreno ma anche sull’Adriatico il termoclino – il punto di separazione tra l’acqua calda superficiale e quella immediatamente più fresca – è variato di quota di alcuni metri rispetto alla media. E alla ricerca dell’acqua meno bollente sono scesi anche i pesci, sia quelli stanziali – le grandi cernie delle secche di Vada, quelle dello Zenobito a Capraia, i cernioni che si dice popolino la Scola di Pianosa ma anche l’esterno delle secche della Meloria per fermarci al Tirreno – sia i predatori come i dentici: e i grandi predatori di pesce azzurro come i tonni e gli spada. La pesca del tonno rosso è stata ufficialmente chiusa, ma rimane in pieno svolgimento quella dello spada con i palangari. Al largo dell’Elba e nel canale di Corsica sui fondali intorno ai 200 metri hanno catturato pescispada anche di 200 chili. A fondo, bene a fondo, perché cercano l’acqua fresca dove le sardine – le loro prede – si sono spinte per il caldo. Ma se il pesce dei nostri mari è scappato a rodo per sfuggire al mare di superficie arroventato, altri pesci sembrano gradire. I ricercatori dell’ISPRA che coordina il network di ricerca internazionale “Med Monitoring” seguono da tempo il flusso di colonizzazione dei pesci detti lessepiani (da Lessep, il padre del canale di Suez) che dal mar Rosso salgono sempre più verso il Tirreno che si scalda. Da tempo sono arrivati gli squali, che qualcuno nei giorni scorsi ha anche “ferrato” con la lenza, meravigliandosene. Di fatto i sub che frequentano le secche del Tirreno sanno bene che non si tratta di eccezioni: e non c’è bisogno di ricordare la tragica fine del subacqueo a Baratti anni fa, ucciso da uno squalo bianco. Adesso poi che è stato aperto anche un tratto di raddoppio del Canale di Suez il flusso lessepiano aumenterà. Dieci anni fa sarebbe stata pura fantasia trovare i barracuda che fanno come in queste notti le loro danze circolari d’amore del porticciolo di Pianosa e sciamano anche alla Meloria. Come fantasia era pescare a Gorgona, come in questi giorni, i pesci sciabola, difficili da trovare sopra la Sicilia. Il velenosissimo pesce palla – eminentemente tropicale – è stato pescato anche all’Elba e la ricciola fasciata è ormai in competizione con quella tirrenica. Al largo di Capo Corso è stata avvistata giorni fa un’orca che dava la caccia a una stenella. Il moltiplicarsi delle meduse è fenomeno ormai noto, a spese dei bagnanti sulle coste toscane: specie le velelle, dette caravelle portoghesi perché un tempo stanziali nell’Atlantico intorno a capo Finisterre. Ma ci sono anche riscontri positivi: il monitoraggio che varie università toscane – Siena in primis – fanno dei cetacei dalle navi di Tirrenia e da quelle gialle del gruppo Lotà, conferma che balene, stenelle e anche capodogli sono in aumento. Nel sud del Tirreno solo in una stagione sono stati avvistati 46 grandi cetacei. Il mare caldo serve da nursery a molte specie di cui balene e capodogli si nutrono. Presenze storiche (il museo oceanografico di Montecarlo ne è testimonianza) ma pare che malgrado il forte aumento del traffico navale balene, capodogli e stenelle non ne risentano più di tanto. E la catena alimentare fa il suo corso.
A.F.

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Pubblicato il
19 Agosto 2015

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