Dal ministro: un’unica grande Repubblica del mare
ROMA – Ecco l’intervento del ministro Graziano Delrio all’assemblea Assoporti.
Caro presidente Monti e cari tutti i presidenti presenti, gentili autorità e relatori, vi ringrazio per l’invito all’assemblea nazionale di Assoporti e a questa giornata di approfondimento.
[hidepost]Soprattutto ringrazio tutti voi per il lavoro quotidiano al servizio di quel Sistema Mare di cui, mi permetto di dire, il nostro Paese, la nostra opinione pubblica ha scarsa consapevolezza, ma che è una parte direi addirittura preponderante della nostra identità di Paese.
Con lo stesso Piano strategico nazionale della Portualità e della Logistica è questo uno degli obiettivi primari che ci prefiggiamo. Valorizzare e fare emergere quanto sia vitale il Sistema Mare e dare la possibilità al lavoro quotidiano di ciascun porto e Autorità portuale di entrare in un circolo virtuoso.
So che a voi sembra banale, ma abbiamo sentito il bisogno nella presentazione pubblica del piano, ricordare che l’Italia è una penisola con quasi 8 mila km di costa, separata dal resto dell’Europa dalle catene montuose più alte del continente, pur se attraversate dai corridoi europei.
Abbiamo bisogno di una cura dell’acqua, come ho già detto più volte (parallelamente alla cura del ferro), ovvero di prenderci cura del Sistema che fa perno sul mare.
• Lavorare per il rilancio della competitività del sistema portuale e logistico italiano significa non tanto occuparsi di un segmento del settore infrastrutturale/trasporti, bensì contribuire in maniera decisiva alla ripresa economica del Paese.
• Lo dicono i numeri…: sono oltre 16 mila le imprese dei cluster logistico e portuale operanti in Italia, esse danno lavoro a circa 1 milione di addetti, ed il settore nel suo complesso rappresenta il 16,5% del PIL nazionale. 220 mld di euro è il valore dell’interscambio commerciale marittimo dell’Italia.
• Lo dice il fatto che a carico delle nostre imprese ci sono dai 50 ai 60 miliardi persi ogni anno in inefficienza della catena logistica.
• … e lo conferma un dato oggettivo, anche di conformazione geografica, come abbiamo detto: un Paese che naturalmente rappresenta il molo europeo del Mediterraneo, non può non riconoscere nel proprio sistema portuale uno degli asset veramente decisivi della propria politica economica, industriale, infrastrutturale, commerciale, di sviluppo e coesione territoriale. Ed in funzione di questo asset che va orientata la catena logistica.
• Lo consentono le condizioni geo-economiche di contesto: nel Mediterraneo, strategico snodo per i mercati del Far-Est, triplica il traffico container nei primi 30 porti e triplicano i passaggi Nord-Sud attraverso il Canale di Suez. Con una prospettiva di ulteriore incremento esponenziale dei transiti legata al raddoppio della capacità navigabile del Canale stesso.
• Ovviamente affinché tali potenzialità possano esplodere e riconsegnare al Paese una funzione centrale nel trasporto marittimo internazionale, occorre che noi si sia in grado di cogliere tali opportunità. Condizioni di contesto favorevoli ed una grande storia, non sono di per sé garanzie di un futuro radioso. Bisogna avere una visione nazionale, ed una conseguente politica nazionale per la portualità e la logistica, in grado di rafforzarne i fattori di competitività, abbatterne le diseconomie e gli elementi di debolezza, agire con tempi certi ed una strategia chiara.
E’ quanto abbiamo provato a fare con il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica e con il lavoro assai concreto di attuazione dei dieci Obiettivi Strategici in esso descritti.
• Circa la strategia nazionale, tre fondamentali principi guida: 1) Si parte dall’economia reale, sempre, e non dalle singole infrastrutture (in questo caso porti) approcciate in maniera troppo spesso autoreferente. Il trasporto è una domanda derivata dall’economia reale, si muovono. Per avere quindi in mente un “piano industriale” per il nostro sistema portuale, dobbiamo partire dalle nostre potenzialità logistiche (per il transhipment), dall’esigenze di approvvigionamento – di materie prime e non solo – delle nostre imprese manifatturiere (per il trasporto di rinfuse solide e liquide), dalle potenzialità in termini di export per le nostre imprese (si pensi alla strategicità del trasporto ro-ro per il comparto automotive), dalla valorizzazione turistica del nostro patrimonio naturale, storico, artistico e culturale (e dall’impatto che tutto ciò può avere sul segmento crocieristico), dalle domande di beni e servizi dei consumatori (per l’import), dalle esigenze di mobilità via mare dei cittadini (autostrade del mare). 2) Questi temi vanno calati dentro un più vasto dossier “Blue Economy” perché occorre un approccio integrato – in termini di politiche pubbliche ed interventi – che sappia trasversalmente cogliere e mettere in valore tutti gli asset di crescita potenzialmente derivanti dalla “risorsa mare” (come l’abbiamo definita nel Piano) in termini di: sostegno all’industria manifatturiera, servizi, turismo, sviluppo territoriale, nuova occupazione, innovazione, sostenibilità ambientale, crescita della capacità logistica, risposte alla domanda di mobilità. 3) E’ necessaria una politica nazionale di posizionamento strategico, nel mercato mondiale, del sistema portuale italiano. Inutile attardarsi in miopi polemiche – fomentate da fuorvianti localismi – su competenze, poteri, funzioni esercitate o esercitabili in ambito “trasporto marittimo e portualità” – a vario titolo e a diversi livelli – da una pletora di attori istituzionali distribuiti lungo tutta la filiera della governance amministrativa. Siamo reduci da una storia degli ultimi dieci anni che ci consegna elementi dalla valenza oggettiva inappuntabile: i traffici sono rimasti stabili in alcuni settori, diminuiti in altri, il saldo complessivo è tendente al negativo, e i porti italiani hanno provato a cannibalizzarsi a vicenda piccole quote di mercato a colpi di annunci di opere pubbliche non sempre rispondenti alla domanda internazionale, spesso tra l’altro neanche ultimate o messe in funzione, e senza riuscire davvero ad aggredire nuovi mercati che richiedono al nostro sistema portuale diversi e migliori fattori di semplificazione e competitività…
• Dentro questa cornice, stiamo calando il lavoro concreto affinché tali domande di efficienza possano trovare rapidamente risposte vere. Siamo al lavoro, insieme al MATTM, sul Collegato Ambiente, per semplificare la normativa sui dragaggi nei SIN e nei SIR ed emanare di decreti attuativi discendenti dalla L. 84 e dalla L. 152. A settembre presenteremo agli stakeholder una proposta di nostro Regolamento nazionale per le concessioni, che offra un perimetro alle Autorità di Sistema Portuale per ricercare il giusto equilibrio tra valorizzazione del bene demaniale pubblico e logiche commerciali e di mercato business oriented. Abbiamo insediato il tavolo tecnico per la realizzazione della Catena Logistica Digitale con l’obiettivo di giungere ad un sistema integrato ed interoperabile tra le informazioni di “ciclo nave” e “ciclo merci”. Abbiamo avviato il confronto con i sindacati sul tema dell’efficientamento del lavoro in ambito portuale. Abbiamo avviato il confronto con le altre amministrazioni centrali per la realizzazione dello Sportello Unico Doganale … che sia unico sul serio (con tutti i 9 ministeri coinvolti per tutti i 113 procedimenti amministrativi in porto e relativi al controllo delle merci). Insomma, stiamo concretamente declinando i 10 Obiettivi Strategici del Piano in atti, regolamenti, decreti, azioni affinché il Piano stesso non resti un ennesimo, pur ben fatto, manifesto degli auspici.
• Infine, abbiamo istituito presso il MIT un Gruppo di Lavoro Tecnico per la project review. L’articolo 29 comma 2 dello Sblocca Italia ci ha consegnato 392 proposte di interventi ed opere infrastrutturali avanzate dalle 24 Autorità portuali. Dobbiamo valutare, sulla scorta di criteri oggettivi e dalla effettiva domanda del mercato, quali interventi servano davvero ai nostri porti in termini di ampliamenti, manutenzione delle banchine, dragaggi ed escavi, pieni di efficientamento energetico, realizzazione di opere per allacciamenti ferroviari o di “ultimi miglio”, connessioni con le reti autostradali, rifacimento delle Stazioni Marittime. Tra PON 2007-2013, nuovo Programma operativo 2014-2020, i POR delle singole Regioni, le risorse già stanziate per il primo anno a valere sui Piani triennali 2015-2017 delle AP, la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione, i bandi CEF per le Ten-T … non abbiamo e non avremo problemi di risorse. Abbiamo invece il problema di capire quali interventi servano sul serio, a che stato di manutenzione amministrativa siano i progetti, come aprire i cantieri al più presto.
E torno con questo al mio punto di partenza.
La consapevolezza di un sistema mare e di una unica, grande Repubblica Marinara che si chiama Italia. Una repubblica di cui fanno parte autonomie che debbano stringere un’alleanza per rafforzare l’intero sistema mare. Un’alleanza che è rivolta al servizio dei cittadini, nella forma dei passeggeri, dei turisti e delle imprese.
E’ per questo, e perché questo sistema consolidi la sua forza, innovi la sua potenzialità che esiste il Piano Strategico della Portualità e della Logistica.
Ed è infine perché si confermi il nostro e il vostro essere “al servizio” del Paese e di essere, come porti, non corpi estranei alle città, ma parte viva delle città, in dialogo e non in conflitto con loro, come porte del Mare, che intendo proporre a tutti voi una giornata nazionale da dedicare ai Porti Aperti in cui individuare spazi praticabili in cui fare entrare la cittadinanza, le famiglie e i giovani.
Perché una cura dell’acqua, vuol dire anche prenderci cura dei luoghi che abitiamo per instaurare una compiuta convivenza.
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