Santuario “Pelagos” e sue iniziative Il punto sul partenariato a Livorno
Due anni di attività con l’adesione di oltre settanta comuni: ma rimane il problema di un mare troppo trafficato – Il problema delle risorse

Nella foto: (da sinistra) Maria Carmela Giarratano, Silvia Velo e Filippo Nogarin.
LIVORNO – Con il primo incontro tra i Comuni italiani, monegaschi e francesi che hanno aderito alla carta di partenariato di “Pelagos”, il sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo ha portato per la seconda volta i temi internazionali della tutela del Mediterraneo in territorio labronico. L’anno scorso con la “Carta di Livorno” al LEM, questa volta al museo di storia naturale del Mediterraneo. Oggetto dell’incontro fare il punto su due anni del partenariato, sulle azioni svolte, sulle criticità incontrate. Con il saluto della stessa Velo e interventi istituzionali di Sergio Ventrella della Regione Toscana, del presidente della Provincia Alessandro Franchi, del sindaco di Livorno Filippo Nogarin (che ha richiamato anche la sua personale “passione”: collezionare balene, ovviamente in immagine e in ninnoli) di Maria Carmela Giarratano della DG Protezione della Natura e di dirigenti funzionari del ministero dell’Ambiente e da parte francese di madame Fannie Dubois, segretario esecutivo del partenariato e dei suoi esperti.
[hidepost]Il consuntivo di due anni di partenariato? Tanti incontri, tanti documenti anche scientifici, tanta collaborazione con le università – citate per parte italiana: Siena, Pisa, Firenze, Genova, Pavia, Padova – e coinvolgimento di ben 53 Comuni italiani (più 29 francesi) dell’area Pelagos, firmatari di impegni non marginali per diffondere la conoscenza del santuario dei cetacei compreso nel triangolo di alto Tirreno tra la costa Azzurra, la Liguria e la Toscana con le relative isole. Ma come è stato fatto rilevare in più d’un intervento, Pelagos è per le migliaia e migliaia di residenti sulla costa e sulle isole ma anche di turisti, una entità assai sfumata, più una buona intenzione che un contributo concreto alla tutela del mare e dei suoi abitanti. Tanto che molti degli stessi Comuni aderenti al partenariato non hanno poi fatto niente o quasi, e molti altri hanno delegato le scuole o le associazioni ambientaliste, in un vuoto rilevante – e da tutti sottolineato – sia di risorse finanziarie dedicate, sia di cooperazione tra Comuni anche vicini. Con iniziative – quando ci sono state – troppo spesso episodiche e frammentate.
Si potrà far di più, fare un po’ meglio? Il santuario – nessuno lo ignora – è stato istituito nell’area del Tirreno forse più trafficata in assoluto, da migliaia di navi e decine di migliaia di imbarcazioni. Ipotizzare divieti, corridoi di navigazione ristretti, persino velocità ridotte (ogni anno qualche povera balena finisce “infilzata” da qualche traghetto) non è realistico. C’è invece l’opportunità di una revisione del partenariato, per fare almeno più cultura e più consapevolezza. In tempi di risorse economiche zero e di priorità drammatiche anche per il flusso ininterrotto dei migranti, ben poco si può fare d’altro. Alcune compagnie di navigazione – Tirrenia, Moby, navi gialle di Lotà – ospitano volenterosi osservatori e qualcuno ha scoperto anche il business – ammantato da ambientalismo – del “whale watching”. Ma è chiaro che ci vuol altro.
A.F.
[/hidepost]