Il “San Giorgio” verso la Libia
Un’operazione militare quasi segreta anche in soccorso del personale dell’ENI
ROMA – Quasi un “embargo”, ovvero la richiesta di tenere un profilo molto basso sull’invio di una forza navale italiana al largo della Libia. Eppure anche nel caos delle notizie contraddittorie che arrivano dai media internazionale, una conferma c’è: la settimana scorsa è silenziosamente salpata da La Spezia la nave da sbarco “San Giorgio”, particolarmente adatta alle operazioni anfibie, che nei primi giorni di questa settimana ha fatto tappa a Brindisi – e poche ore fa sarebbe stata ad Augusta in Sicilia – per imbarcare contingenti di incursori navali del Comsubin, alcuni plotoni di fucilieri di marina del San Marco ed altri rinforzi non meglio specificati (fonti web, Newsletter “Strettoweb Sicilia e Calabria”).
[hidepost]La destinazione del “San Giorgio”, con tutti gli specialisti suddetti che hanno una particolare preparazione per le operazioni da sbarco e le incursioni secondo sistemi di guerra “non convenzionale”, è il limite delle acque territoriali della Libia, davanti alla città di Derna. Significativo che dopo la partenza della nave italiana verso la Libia notizie stampa della stessa ISIS avevano dato Derna come abbandonata dalle forze integraliste islamiche, mentre ancora ieri (Il Sole-24 Ore) riferiva che Derna “è circondata dall’esercito regolare libico del generale Haftar che aspetta solo dal governo l’ordine di attacco”. E due giorni fa in Marocco si sarebbero incontrati gli emissari dei due governi libici che si combattono per trovare un’intesa che consenta loro, con l’appoggio dell’Egitto e della Turchia, di partire con una forte controffensiva contro l’ISIS.
La presenza del “San Giorgio” in acque libiche viene giustificata dal nostro governo con la necessità di partecipare ad un’esercitazione. C’è chi la legge invece come la volontà di non lasciare l’iniziativa navale solo ai francesi (che hanno inviato in area la portaerei nucleare “De Gaulle”): e specialmente come mossa per essere pronti a difendere gli interessi commerciali dell’Italia in Libia: sia sui porti dove ancora operano alcune linee di navigazione che collegano l’Italia, sia per tutelare i terminali del gasdotto sottomarino dell’ENI (Greenstream) che corre da Melitah a Gela in Sicilia e il personale italiano delle piattaforme ENI in Tripolitania. Oggi i 520 chilometri del gasdotto sono protetti di militari fedeli al governo di Tobruk ma tra gli interventi che potrebbero essere pianificati in caso di emergenza potrebbe esserci anche uno sbarco anfibio in zona Misurata, dove appunto l’ENI ha una importante location.
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