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Focus sull’economia del mare

Tutti i dati del 2013 della filiera del turismo e quella della ricerca – Le professioni e gli investimenti

ROMA – Sono 180 mila le imprese dell’economia del mare censite alla fine del 2013, pari al 3% del totale imprenditoriale del Paese. Lo conferma lo studio dei ministeri dell’Ambiente e dell’Economia presentato nel recente convegno sulla “Marine Strategy” dell’Italia.
Il settore del turismo marino è l’ambito dove si concentra la maggior parte delle imprese della blue economy in virtù del fatto che il 40% delle imprese dell’economia del mare è costituito da quelle che operano nel settore della ristorazione e dei servizi di alloggio. Si tratta di circa 72.000 imprese in Italia.
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Seguono il settore della filiera ittica (pesca, lavorazione e commercio del pesce) con 34.000 imprese (il 18,9%), la filiera della cantieristica navale con 28.000 imprese (il 15,7%) e il settore delle attività sportive e ricreative con 28.000 attività (il 15,7%).
Un ruolo importante lo assume la movimentazione marittima di merci e persone che conta 11.000 imprese, pari al 6,1% del totale imprenditoriale della blue economy.
Quasi 6.000 imprese (il 3,3%) invece, operano nel settore della ricerca, regolamentazione e tutela ambientale.
Per quanto riguarda l’incidenza delle imprese della blue economy sull’economia dei territori, la graduatoria regionale vede ai primi posti la Liguria (8,7%), la Sardegna (5,3%) e il Lazio (5%), mentre quella provinciale vede in testa Rimini (12,7%), Livorno (12,1%) e La Spezia (11,4%).
In termini di nuove imprese, rispetto al 2011 si registra un aumento del 2%, con la nascita di 3.500 nuove attività. Un dato in controtendenza rispetto al –0,9% registrato dal resto delle altre imprese in Italia.
Tra i settori in crescita spicca quello del turismo del mare, con il settore dei servizi di alloggio e ristorazione che ha segnato una delle crescite più elevate del numero delle imprese con un aumento di 3.000 unità (pari a + 4,4%), senza dimenticare quello delle attività sportive e ricreative che ha fatto registrare un plusvalore di 1.000 imprese (+3,6%).
Più di 17.600 imprese (il 9,8%) sono attività condotte da giovani. L’imprenditoria giovanile, con l’11,8%, mostra una diffusione più intensa nel settore delle attività sportive e ricreative.
Il 23% delle imprese (42.000) sono capitanate da donne, con il settore dei servizi di alloggio e ristorazione a far la parte del leone con il 30,1%.
Infine, il 5,2% (9.500) delle imprese sono straniere e, sebbene la presenza degli imprenditori stranieri non sia particolarmente marcata nella blue economy, il tasso di imprenditorialità straniera tende a crescere sia nel settore della ristorazione che in quello della cantieristica navale (entrambi al 6,6%).
Nel 2013 l’economia del mare ha prodotto un valore aggiunto di oltre 41 miliardi di euro, pari al 3% dell’economia.
Si tratta di una forza produttiva spinta da un bacino di forza lavoro che conta 800.000 occupati, il 3,3% dell’occupazione complessiva del Paese.
Quasi un terzo del reddito prodotto dalla blue economy (il 31,2%) è ascrivibile al settore dei servizi di alloggio e ristorazione con un valore aggiunto di circa 13 miliardi di euro e 300.000 occupati.
Il secondo settore, che contribuisce per un quinto al totale del reddito prodotto dalla blue economy (il 18,4%) è quello legato alle attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale, grazie a un valore aggiunto di 7,6 miliardi di euro e a 123.000 occupati.
Importante, inoltre, il settore dei trasporti marittimi, con un valore aggiunto prodotto di circa 7 miliardi di euro (16,7%) a cui si associano ben 90.000 lavoratori.
L’incidenza del valore aggiunto sulle economie locali, vede ai primi posti per valori assoluti le province di Roma (5,8 miliardi di euro), Genova (3 miliardi) e Napoli (2,5 miliardi), mentre per quanto riguarda l’incidenza percentuale sul totale dell’economia provinciale, spiccano Livorno (15,9%), Trieste (15,6%) e Olbia-Tempio (13,8%).
Nell’anno di riferimento 2013, la percentuale di imprese che hanno previsto di assumere è del 19%, a fronte di un valore per il totale Italia del 13%. Il flusso di assunzioni programmate si attesta quindi sulle 82.400 unità circa, che corrispondono al 14,6% del totale Italia.
Guardando alle previsioni di assunzione per alcune tipologie specifiche di lavoratori, si rilevano importanti spazi occupazionali per giovani con quota pari a circa 30% (in particolare nel settore della cantieristica), seguiti dalla forza lavoro straniera (18,4%, nella cantieristica e nei settori turistici) e da quella femminile (17,2%, nei settori turistici).
Le assunzioni programmate per tipologia di formazione, richiedono il 21,6% di laureati nella filiera della cantieristica, il 49,5 di diplomati alla scuola superiore nella movimentazione di merci e passeggeri, il 20,5 di qualifiche professionali nelle attività sportive e ricreative, mentre nessuna formazione specifica è richiesta nella filiera ittica per un 71,3% delle assunzioni programmate nel settore.
Tra gli indirizzi di diploma più richiesti si segnalano il Tecnico dei servizi di ristorazione e turistici, il Perito in tecnologie alimentari e il perito nautico, mentre tra gli indirizzi di laurea spiccano Economia aziendale e marketing, Economia del Turismo, Ingegneria meccanica e navale.
L’economia del mare non si limita alle sole attività economiche, ma tiene conto anche delle tante attività che vengono innescate indirettamente. Esiste una sorta di moltiplicatore per cui per ogni euro prodotto da un’attività della blue economy se ne attivano altri sul resto dell’economia, generati da tutte quelle attività che contribuiscono alla sua realizzazione, secondo una logica di filiera.
Nel 2013 i 41,5 miliardi di euro di valore aggiunto prodotti dalle attività dell’economia del mare hanno attivato quasi 80 miliardi di euro di valore aggiunto sul resto dell’economia, per un ammontare produttivo complessivo di circa 119 miliardi di euro, pari all’8,5% del totale prodotto dall’intera economia nazionale.
In altre parole, per ogni euro prodotto dalla blue economy se ne attivano sul resto dell’economia altri 1,9.
I settori con la più elevata capacit. moltiplicativa sono quello della movimentazione di merci e passeggeri via mare, dove ogni euro prodotto riesce ad attivarne sul resto dell’economia altri 2,9.
Seguono la cantieristica con 2,4 euro attivati per ogni euro prodotto, le attivit. sportive e ricreative con 2,1 euro e i servizi di ristorazione e alloggio, dove ogni euro prodotto riesce ad attivarne 2.
Per quanto riguarda l’incidenza del valore aggiunto prodotto e attivato nelle economie territoriali, la graduatoria vede in prima posizione la macro ripartizione Sud e Isole con il 10,9% di incidenza, seguita dal Centro (10,3%), il Nord-Est (con il 7,8%) ed il Nord-Ovest (6,1%). A livello regionale spicca la Liguria (43,5% di incidenza sul totale) e il Friuli Venezia-Giulia (18,3%).
Nel 2013 i due settori di riferimento (filiera ittica e della cantieristica) hanno inciso sul valore dell’economia nazionale per l’1,2% sull’export (4,5 miliardi di euro) e per l’1,9% sull’import (6,9 miliardi di euro).
I saldi dei relativi flussi commerciali, certificano un valore negativo per la filiera ittica (-4,1 miliardi di euro), positivo per la cantieristica (+1,7 miliardi di euro).
L’analisi delle variazioni percentuali rispetto all’anno precedente (2012) indica per l’export della filiera ittica +6,3% e per l’import +1,5%, mentre per la filiera della cantieristica si riscontrano -0,6% per l’export e -34,8% per l’import.

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Pubblicato il
20 Dicembre 2014

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