Riforma dei porti, si parte al lavoro il “gruppo dei 15”
Gli ambiziosi obiettivi con gli stati generali sulle nuove linee della “rivoluzione” tra un mese – Il governo conferma di voler avocare a se le scelte operative e gli accorpamenti delle Authorities – Un advisor per guidare i gruppi di lavoro già insediati
ROMA – Sarà che c’è voglia, finalmente, di concretezza: ma questa volta l’impressione è che il governo faccia sul serio. E che si vada in tempi accettabili (se non rapidissimi come qualcuno irrealisticamente sognava) a un cambiamento epocale della portualità italiana.
[hidepost]Dopo tanti rumors, c’è un dato di fatto: mercoledì al ministero delle Infrastruture e Trasporti si è insediato il “gruppo dei gruppi di lavoro” nominato dal governo per avviare una rivisitazione della realtà attuale e per indicare come trasformare in progetto i commi 1 e 2 dell’articolo 29 dello “Sblocca Italia”. Ovvero: entro 90 giorni dalla recente conversione in legge del decreto, il governo procederà ad avviare una nuova articolazione della realtà portuale italiana sulla base di quanto stabilito all’articolo 29. Del gruppo di 15 elementi fanno parte, come è già apparso su più siti ufficiali, esperti come Marco Simonetti, Nereo Marcucci, il presidente di Assoporti Pasqualino Monti, il direttore generale del ministero Enrico Pujia, vertici di importanti gruppi bancari, della finanza, di Confindustria e delle principali associazioni.
* * *
Non siamo, una volta tanto, ad enunciazioni fumose che lasciano strade di fuga alla politica e ai gruppi di potere più o meno paralleli. Sotto la guida di un advisor (che sarà nominato a giorni) tre gruppi di lavoro cominceranno fin dalla prossima settimana – già riconvocati – a mettere carne al fuoco. Il primo gruppo si deve occupare di collezionare l’abbondante materiale già elaborato sul mercato, sugli indirizzi di sviluppo dei traffici, sulle aspirazioni e proposte. Il secondo gruppo lavorerà sui fattori di contesto internazionali con particolare riferimento al Mediterraneo. Il terzo sulle inefficienze di sistema, sui colli di bottiglia a terra dei porti, sulle interconnessioni ideali da cercare per facilitare i passaggi delle merci.
* * *
A quanto è possibile sapere, solo a conclusione dei lavori di questi tre gruppi il ministero – coinvolgendo l’intero governo per le sue competenze – facendo perno sulle suddette conclusioni affronterà il trasferimento degli elaborati dei gruppi sul piano delle decisioni: gestendo in prima persona le scelte su razionalizzazione della rete portuale, gli accorpamenti delle Autorità portuali, gli investimenti. E’ stato anche chiarito che la commissione e i suoi “gruppi di lavoro” non debbono assolutamente occuparsi del comma 2 dell’articolo 29, cioè dei progetti e delle richieste che le varie Autorità portuali devono consegnare al ministero entro la prima settimana di dicembre. In termini più brutali: sarà il governo a decidere, senza accettare interferenze né politiche né pseudo-tecniche, come varare il piano della portualità e che fare delle singole Autorità portuali. Compresi i loro progetti, spesso faraonici e troppo spesso senza alcun serio rapporto con la realtà. Serve da guida, sembra di capire, la recente dichiarazione-bomba del presidente di Confindustria Squinzi secondo cui “le Autorità portuali italiane costano 1 miliardo all’anno e sono assolutamente perdenti nel rapporto tra costi e benefici”.
* * *
Gli “stati generali” per la prima fase delle conclusioni dei lavori appena avviati sono previsti tra un mese, probabilmente dopo la parentesi natalizia. Che non si tratti di un lavoro facile è chiaro: vanno superati vent’anni (considerando i soli assetti post legge 84/94) di “incrostazioni” tra strutturazione dei porti e politiche locali, di metodologie polverizzate spesso a supporto dei potentati di partito e di infinite beghe tra le stesse istituzioni sia per le poltrone, sia per i modelli di gestione. Secondo Nereo Marcucci, che da presidente di Confetra fa parte dalla commissione dei 15, l’impressione avuta nella prima riunione è che si stia tentando di fare sul serio, affrontando con un metodo operativo condivisibile il più grande problema della logistica portuale dell’ultimo quarto di secolo. Sarà importante, sempre secondo Marcucci, arrivare a un “reticolo ideale” di organizzazione portuale che tenga conto delle richieste del mercato, senza farsi condizionare dall’esistente, né tantomeno dalle aspirazioni più o meno utopistiche (o peggio) e dalle promesse fatte dalla politica ai territori, specie nelle troppo frequenti campagne elettorali.
Siamo, in sostanza, a una grande occasione che sarebbe drammatico perdere. E anche il metodo – appare ormai chiaro – che il governo intende avocare a se nel riassetto generale della rete dei porti, nella riduzione delle Autorità portuali e nella loro trasformazione in enti di sistema capaci di produrre ricchezza e non di consumarla, ha una logica moderna, allineata con gli indirizzi che (faticosamente) l’Europa porta avanti. Se rimane qualche perplessità è sui tempi che si allungano: perchè se è vero che in attesa della riforma il sistema di commissariare le Authorities che scadono ha un senso, è anche vero che l’intero sistema scricchiola da molto. E che incombono come minacce a una vera riforma le tante, troppe incertezze che minano la strada del governo: dalla costante spada di Damocle di elezioni anticipate a quella dei gruppi di potere, dalle rivoluzioni fiscali e sul lavoro annunciate e ancora a metà strada alle cento trappole quotidiane in parlamento e non solo. Per concludere: noi speriamo che ce la caviamo…
Antonio Fulvi
[/hidepost]