Assoporti ed i suoi dissidenti alla prova della riforma rinviata
Le proposte al governo dai due schieramenti e i termini previsti dall’art. 29 per la presentazione dei progetti strategici dei porti – Il confronto tra le Autorità destinate a sistema per articolare piani non concorrenziali
ROMA – S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo … e via così nella celebre poesia di Manzoni (“Il conte di Carmagnola”). Sembra l’annuncio delle proposte che stanno piovendo sul governo Renzi per la riforma della riforma.
[hidepost]Il presidente di Genova Merlo ha già varato le sue, che puntano – semplificando al Massimo – a fare delle Autorità portuali delle Spa con capacità anche gestionali spinte. Il presidente di Assoporti Monti ha risposto con un lungo documento (“Il momento del coraggio”) dalla cui lettura si evince sulle proposte Merlo un giudizio abbastanza trachant del tipo “E’ il minimo sindacale”.
Sia le proposte Merlo, sia quelle Monti (Assoporti) sono state pubblicizzate a tutti i livelli e non staremo a ripeterle. In stretta sintesi: autonomia finanziaria (2% del gettito Iva per i porti che faranno sistema), sburocratizzazione, dragaggi accelerati, non più finanziamenti “a pioggia”, informatizzazione delle dogane, sportello unico, pre-clearing, tariffe libere, libertà alle Authorities di partecipare a società operative. Presidenti con poteri allargati anche sulle concessioni a breve, consiglio direttivo snello che sostituisce i pletorici comitati portuali, iter accelerati per i piani regolatori, accorpamento di porti sotto le Autorità portuali & logistiche. Insomma, una rivoluzione: che come spesso capita alle rivoluzioni, rischia però di sfociare in un’operazione gattopardesca, cioè cambiare tutto per non cambiare davvero niente.
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E qui rientra anche l’unico articolo, il 29, sopravvissuto al tentativo di riforma portuale che era nel decretone “Sblocca Italia”: quello che chiede alle varie Autorità portuali di presentare entro 30 giorni dalla conversione del decreto in legge (quando avverrà davvero? n.d.r.) progetti strategici di sviluppo delle infrastrutture da finanziare in un quadro nazionale ed europeo di crescita della competitività del sistema. L’art. 29 stabilisce che dopo la presentazione dei progetti il governo deve dare una risposta complessiva sui singoli progetti non oltre 2 mesi. Come si vede, tempi brevissimi, quasi da fantascienza in base alle esperienze odierne e al prolungarsi allo sfinimento dei vari passaggi tra i vari distinguo delle istituzioni locali, regionali, ministeriali e di controllo. Ce la faranno i nostri eroi del governo (velleitario?) del premier Renzi a rispettare questo incredibilmente veloce crono-programma? Noi speriamo che se la cavino…e che se la cavi questo sistema portuale nazionale dove malgrado le tante promesse si continua ad andare con finanziamenti scarsi ma quasi sempre a pioggia.
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Forse dirò una cosa ovvia: ma alle prime reazioni, quando ho parlato della cosa con qualche presidente di Port Authority, tanto ovvia non è sembrata. E cioè: se la riforma va verso il necessario accorpamento tra Autorità portuali di sistema, e se il governo con l’art. 29 già chiede alle Autorità portuali tutti i loro progetti strategici da presentare entro 30 giorni (dalla conversione del decreto in legge, ovvero dopo il passaggio alle Camere: dunque non spaventatevi, non c’è tutta questa fretta: It’s a long way to Tipperary cantavano nella grande guerra i fanti inglesi mandati al macello) sarebbe logico e realistico che le Autorità portuali destinate ad accorparsi cominciassero a confrontarsi in termini concreti su quei progetti stessi, invece di andare in ordine sparso e con il rischio di pestarsi i piedi l’una con l’altra. Sembra evidente che tra Livorno e Piombino, come tra La Spezia e Carrara e tra Genova e Savona (faccio alcune pure ipotesi sulla base delle indiscrezioni che a suo tempo sono circolate) sarebbe logico lavorare insieme – con l’impegno immediato dei presidenti dove ci sono, o dei commissari dove i presidenti non ci sono più – per studiare quei progetti strategici in cui venissero chiarite le specificità ed eliminate a priori le duplicazioni. Il rischio di non procedere in questo senso è che poi ci pensino al ministero a cassare le suddette duplicazioni e a decidere manu militari sulle specificità. O peggio (il che è più probabile) a rimandare alle calende i progetti che non rispondono alle necessarie integrazioni. Sarà ovvio, ma come dicevano i nostri avi, repetita juvant.
Antonio Fulvi
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