Benetti, c’è il nodo bacini che mette a rischio Livorno
Sia l’ex bacinone in muratura, sia quello galleggiante sono indispensabili per il programma di costruzione e varo dei mega-yachts da 100 metri – La gara dell’Autorità portuale
LIVORNO – Un decennio d’investimenti milionari, altri 500 milioni che stanno arrivando con la costruzione di nuovi grandi hangar per i maxi-yachts da 100 metri già in ordine, ma una spada di Damocle appesa sulla testa: la destinazione del sistema bacini di carenaggio, che è indispensabile per poter varare e mantenere i suddetti costruendo maxi-yachts. E’ tutto in questi termini uno dei momenti più delicati dell’avventura del cantiere Benetti del gruppo Azimut-Benetti, il primo costruttore al mondo di yachts di prestigio.
[hidepost]I due bacini del sistema (quello in muratura da anni in disuso per carenza di manutenzione, quello galleggiante che si “aggancia” alle aree del cantiere e nella strategia del cantiere sarà l’unico modo per varare ed alare i maxi-yachts) sono entrati nel mirino di un gruppo spezzino, che ha costituito anche una “filiale” livornese ed è all’attacco su tutta la linea, trovando qualche sponda – non si sa bene fino a che punto – in Comune, in Curia e anche su parte della stampa livornese.
L’ultima parola spetta all’Autorità portuale, che da tempo annuncia una gara per la gestione del sistema bacini. Un po’ una decisione alla Ponzio Pilato – si sostiene negli ambienti Benetti – perché negli accordi di Roma per il salvataggio del cantiere Orlando i bacini erano già formalmente destinati all’azienda degli yachts con le famose (o “famigerate”) tre gambe: costruzione, riparazione, yachting. Sulla gara Benetti potrebbe anche essere d’accordo, ma a patto che fosse specificato che il sistema è indispensabile per i suoi programmi di crescita. Del resto è chiaro che le riparazioni delle grandi navi anche se si trovassero i fondi per rimettere in funzione il bacino maggiore (20 milioni secondo uno studio del RINa, lo stesso secondo quello commissionato due anni dalla Camera di Commercio) sarebbero incompatibili per motivi ambientali con la città e le abitazioni-negozi ormai a ridosso con la Porta a Mare. Per non parlare del “marina” del porto Mediceo, anch’esso ingabbiato in una lunga, snervante e sotto alcuni aspetti assurda attesa delle ultime autorizzazioni finali dopo che il Tar ha respinto i vari ricorsi. Che il Mediceo diventi un “marina” è fuori da ogni dubbio: ma anche per questo che il sistema bacini possa tornare a “lavorare” le grandi navi è un assurdo, sancito anche da precise indicazioni dell’ASL livornese. Insomma, un garbuglio che richiederebbe un Gallanti capace di dare il famoso colpo di spada al nodo di Gordio. Ma Gallanti non si chiama Alessandro…
… A meno che invece che la spada del macedone non stia preparandosi a usare i sofismi di Ulisse: nel senso che farà presto (si dice entro i primi di ottobre) la gara per i bacini – come peraltro gli è stato risposto di fare al quesito inviato dall’Authority al ministero competente – ma chiedendo non tanto una comparazione sui canoni demaniali, quanto su un piano industriale che comporti anche il salvataggio e la valorizzazione dei grandi investimenti fatti e in corso d’opera dal gruppo Azimut-Benetti. Il mantra di Gallanti è: “Una gara in piena trasparenza”. Ma trasparenza vuole che si tenga conto anche delle realtà esistenti, dei posti di lavoro esistenti, e delle compatibilità ambientali di un comparto così delicato (e sotto certi aspetti promettente) della Porta a mare.
Antonio Fulvi
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