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La legge abortita

Era stato faticosamente concordato tra maggioranza di governo e categorie. Ma è sparito completamente. Val la pena di comunicarlo anche perché già così era una “riformina”.

ROMA – Il trasporto marittimo che è “saltato” dall’ultimo consiglio dei ministry, era inserito nella bozza del Decreto Sblocca Italia all’interno del Pacchetto 10 “Porti e nautica”, che comprende due articoli: 39 e 40.
[hidepost]L’articolo 39 è intitolato “Pianificazione strategica della portualità e della logistica” e punta a un “piano strategico nazionale della portualità e della logistica”, che deve essere redatto dal ministero dei Trasporti. Vi devono essere definiti i distretti logistici che competono alle nuove Autorità portuali. Il distretto logistico è definito come il “complesso delle infrastrutture e dei servizi destinati a svolgere funzioni connettive di valore strategico, in particolare nei rapporti fra scali portuali e rete transnazionale dei trasporti”.
Il piano ha altri compiti: “individua gli scenari e gli obiettivi di traffico per tipologia di merce, quantifica i flussi e la redditività delle attività svolte dagli operatori economici nei porti di II categoria, individua le aree portuali e logistiche più adatte allo sviluppo dei traffici di corridoio e indica gli interventi infrastrutturali prioritari sulle reti ferroviaria, stradale, autostradale, portuale e logistica, specificando quelli idonei ad essere realizzati con il concorso di capitali privati, nonché le risorse finanziarie assegnate”.
Sul piano finanziario, l’articolo 39 precisa che “ogni atto che assegna finanziamenti pubblici alla realizzazione o all’ampliamento di infrastrutture esistenti nei porti di cui al comma 1-bis, nonché alle infrastrutture interportuali e intermodali afferenti ai suddetti porti, deve essere congruamente motivato in coerenza con il piano strategico nazionale della portualità e della logistica”.
Il decreto propone (o meglio: proponeva) quindici Autorità Portuali e Logistiche di rilevanza europea, che dovrebbero sostituire le attuali ventiquattro Autorità Portuali: Genova-Savona, La Spezia-Marina di Carrara, Livorno-Piombino, Napoli-Salerno, Gioia Tauro-Messina, Cagliari-Olbia-Porto Torres, Palermo-Trapani, Augusta-Catania, Taranto, Bari-Brindisi, Ancona, Ravenna, Trieste-Monfalcone e Venezia-Chioggia. La quindicesima Autorità portuale e logistica – che comprende Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta – è istituita quale porto afferente all’area metropolitana di Roma Capitale.
Il Decreto permette a tali Autorità Portuali e Logistiche di fondersi con altre Autorità o aggregarsi con porti di categoria III, ma anche di “promuovere sinergie e forme di coordinamento anche con porti stranieri per attrarre nuovi traffici destinati ai corridoi europei”. Per attuare fusioni o aggregazioni, le Autorità, devono prima presentare la proposta al ministero dei Trasporti, che emette uno specifico decreto dopo avere sentito le Regioni interessate.
I compiti delle Autorità portuali e Logistiche sono quattro: predisporre un piano integrato di distretto; attuare azioni d’indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali; attuare la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni dei porti; affidare servizi d’interesse generale (esclusi quelli connessi alle operazioni portuali di cui all’articolo 16, comma 1 della 84/2009). Il piano integrato deve indicare gli obiettivi di traffico, definire il livello dei servizi da erogare e gli interventi infrastrutturali, programmare le infrastrutture di collegamento tra i porti e le aree retroportuali nell’ambito dei sistemi logistici doganali integrati.
Il presidente delle Autorità portuali e Logistiche sarà nominato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che lo sceglierà “fra soggetti aventi alta esperienza istituzionale o amministrativa o professionale nelle materie affidate alle competenze dell’autorità portuale e logistica, sentito il presidente o i presidenti delle Regioni interessate”.
L’articolo 40 della bozza del Decreto Sblocca Italia regola l’autonomia finanziaria e gestionale delle Autorità portuali e Logistiche e le modalità di finanziamento delle infrastrutture. Dal 2015, ogni Autorità potrà trattenere l’uno per cento dell’Iva dovuta sulle importazioni delle merci movimentate nel territorio nazionale attraverso i porti amministrati. Inoltre, una percentuale del venti per cento può essere “ripartita con finalità perequative tenendo conto oltre dei criteri ivi previsti anche della strategicità delle opere a livello nazionale e della efficacia delle stesse ai fini dell’operatività del porto”. Le Autorità che hanno attuato una fusione potranno trattenere il due per cento.
Il decreto concede la possibilità di ricorrere a forme di compartecipazione di capitale privato per opere infrastrutturali, sia stipulando contratti di finanziamento a medio e lungo termine, sia costituendo o partecipando a società con imprese private, anche operanti all’estero, purché esercitino attività accessorie, strumentali o comunque connesse ai compiti istituzionali affidati alle Autorità stesse.

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Pubblicato il
3 Settembre 2014

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