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Da Lerici anche i timori di Simonetti

Lorenzo Forcieri

LERICI – Un’assise importante, quella di villa Marigola di Lerici voluta dall’Autorità portuale spezzina: ma dalla quale non poteva che uscire la riprova di un mondo, quello della portualità italiana, ancora frammentato e con le idee poco chiare sul suo presente e specialmente sul suo futuro.
Intanto non s’è visto il ministro Maurizio Lupi, che avrebbe dovuto concludere i lavori. Per il governo è intervenuto il sottosegretario all’economia Giovanni Legnini, che non ha potuto dire molto di più di una generica “assicurazione sull’importanza strategica della logistica e della portualità italiana”. Di contro, alcuni interventi di operatori che fanno poche chiacchiere e molti fatti, come Marco Simonetti, vicepresidente del network terminalistico Contship Italia: che ha detto con molta durezza di temere che così come se n’è parlato, la riforma della 84/94 rischia d’essere peggiorativa della già obsoleta legge tuttora in servizio.
[hidepost]Per il resto, si è ripetuto il “mantra” di sempre.
Senza un sistema portuale e logistico efficiente, l’Italia non ha futuro. Il segnale scaturito a Lerici, da quella che si è configurata come una vera e propria assise generale sul sistema della mobilità delle merci, è inequivocabile: se il paese vuole sperare in un rapido recupero di competitività e quindi puntare forte su una politica di sviluppo indispensabile per uscire dalla crisi, non si può più permettere il lusso di non sapere che i porti attraverso i quali transita più dell’80% delle importazioni ed esportazioni del paese, sono la chiave strategica per innescare un processo di rilancio complessivo del paese.
Ignorando questo fattore – ha affermato Lorenzo Forcieri, presidente dell’Autorità portuale di La Spezia, che ha voluto richiamare nel golfo ligure tutti i principali opinion makers del settore – si assumono responsabilità pesantissime. Un intervento di “efficientamento” della logistica si può tradurre in tempi brevi nel recupero di un punto di pil. E un’ulteriore leva di crescita può essere attivata dagli investimenti internazionali che sono pronti ad affluire sul sistema Italia a patto che si creino le condizioni anche burocratiche perché ciò accada
In effetti dall’incontro svoltosi a Villa Marigola, a Lerici, sono scaturite due indicazioni difficilmente equivocabili; la prima: i tempi delle discussioni e dei dibattiti sono finiti e o si fa subito una riforma vera o si è fuori gioco; la seconda: la riforma deve rispondere alle domande di efficienza, snellezza, sburocratizzazione che sono poste in modo ormai pressante dal mercato.
Secondo il presidente dell’Autorità portuale e di La Spezia – è scattato il conto alla rovescia finale per una riforma che deve rappresentare un cambiamento epocale e fornire le fondamenta di un sistema logistico governato all’interno del quale vengano compiute anche scelte di priorità per quanto riguarda le nuove infrastrutture.
Sulla prospettiva di una riforma del settore, che parta dai principi europei dei corridoi, si è sviluppato un dibattito nel quale fra gli altri è intervenuto il presidente di Assoporti (l’associazione dei porti italiani), Pasqualino Monti, che ha sottolineato fra l’altro la necessità di ridare allo Stato (anche attraverso una modifica dell’articolo V) la piena competenza su porti e logistica. Precondizione questa – ha affermato Monti – per conferire alle Autorità portuali (protagoniste già a fine degli anni novanta di una spending review quando ancora questo termine non esisteva) meccanismi di autonomia finanziaria e autonomia decisionale oggi indispensabili per rispondere al mercato.
“Ma la riforma portuale, che fine ha fatto?” Questo il segnale di allarme fatto scattare oggi a Lerici dal presidente di Federagenti, Michele Pappalardo che ha sollevato precisi interrogativi sull’iter di una riforma arenata.
“Siamo costantemente preoccupati – ha affermato Pappalardo – quando la politica mette le mani sulla gestione dei nostri porti e su un settore che in questi anni ha prodotto ricchezza e occupazione”.
Pappalardo ha denunciato con forza anche lo scarsissimo interesse delle autorità centrali rispetto a questo settore ricordando come questa insensibilità abbia trovato conferma nella decisione di ridurre a una sola le direzioni del ministero competenti sul settore marittimo e portuale, quando 4 direzioni competenti sui trasporti terrestri inspiegabilmente sopravvivono a qualsiasi spending review”.
“Abbiamo bisogno di interlocutori che parlino il nostro linguaggio – ha concluso il presidente di Federagenti – e forse sarebbe il caso di copiare quanto altri paesi stanno facendo, ad esempio ripensando alla necessità di un ministero del mare o quantomeno a un soggetto unico di riferimento”.

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Pubblicato il
14 Giugno 2014

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