A Guasticce retroporto o Araba Fenice?
LIVORNO – Per chi sa cogliere i segnali, la recente campagna elettorale in area toscana ha fatto suonare più d’una campana d’allarme sulla sorte di quell’interporto Vespucci di Guasticce che da pochi mesi tenta il rilancio come retroporto livornese.
[hidepost]Il tema è delicato: e proprio per questo abbiamo aspettato il post-elezioni per affrontarlo almeno con queste noterelle. Ma per chi sa cogliere i segnali, è bastato già l’intervento del presidente del Vespucci Federico Barbera nel convegno della Fondazione presieduta da Altero Matteoli, per capire l’aria che sta tirando.
Barbera è un pragmatico: e quando lo vedemmo accettare la presidenza del più che sofferente Vespucci, sperammo con lui che riuscisse il miracolo di far uscite l’interporto dalla palude dei troppi sogni sognati e mai realizzati. Ce l’ha fatta il nostro eroe? A sentire lui, nell’intervento al recente convegno, sembrerebbe proprio di no. Ovvero: la ricapitalizzazione della Spa ha ridato un po’ di fiato al Vespucci, ma è stata monca rispetto alle esigenze: dieci milioni contro i diciotto giudicati necessari. Inoltre non è stato sciolto il nodo fondamentale: interporto o retroporto? Certo che a parole tutti sono stati d’accordo sul retroporto: però per diventare retroporto, il Vespucci deve prima di tutto diventare area nella cerchia doganale portuale, o comunque avere un “canale” di collegamento extradoganale e deve essere area dove decentrare in real time tutti i traffici che oggi intasano le aree immediatamente retrostanti alle banchine. Ancora una volta: tutti d’accordo a parole, ma di fatto, non se ne parla e addirittura non si riesce a superare la normativa nazionale perché il comune di Collesalvetti – competente per area sul Vespucci – entri a far parte del comitato portuale.
Barbera, nell’incontro con la Fondazione, è apparso abbastanza scocciato (eufemismo per dire scoglionato): in pratica ha chiesto alle istituzioni tutte, a cominciare dalla Regione Toscana, di uscire dal Limbo e di andare sul concreto degli atti: il collegamento ferroviario diretto con le banchine e non in tempi biblici, il circuito doganale, lo spostamento delle aree di sosta e stoccaggio dalle banchine al Vespucci. Altrimenti per quest’ultimo non rimarrà che il ruolo di agenzia immobiliare: così come ha fatto fino ad oggi, con il principale (se non unico) business dell’affittare aree o capannoni ai privati. Un ruolo con i suoi modestissimi introiti ma anche con colossali rischi, come quello legato all’improvvida maxi-operazione immobiliare degli uffici che non si riesce a vendere o ad affittare se non in minima parte. Mentre il ruolo di retroporto rimane un’Araba Fenice.
Antonio Fulvi
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