Logistica, chi è costei?
Tutti i problemi di un’Italia in pesante ritardo sul comparto
Intermodalità, piani per la logistica, utilizzo degli interporti, prospettive dell’Italia dei porti: il presidente di Confetra Nereo Paolo Marcucci ha affrontato questi ed altri temi nel seguente intervento, che ci sembra una interessante e centrata “summa” dei problemi nazionali e locali.

Nereo Marcucci
ROMA – Dobbiamo prendere atto dei limiti di visione e di realizzazione dei progetti di efficentamento del sistema logistico nazionale che si sono susseguiti dal Piano per il riequilibrio modale del 1986, allo SNIT (Sistema nazionale integrato dei trasporti) ed al PGTL (Piano generale dei trasporti e della logistica) del 2001 al Piano generale della mobilità del 2007 mentre è ancora “pending” l’attuazione del Piano generale della logistica del sottosegretario Giachino licenziato dalla Consulta nel 2010 e rilanciato nel 2012 dal ministro Passera.
I limiti che ho richiamato riguardano tutto il sistema e quindi anche i “centri logistici”. Non utilizzo la definizione che nel 1999 fu data del termine “logistica” e “trasporto combinato” dalla Conferenza Europea né richiamo la definizione degli interporti che si è inteso inserire nella legge sugli interporti in discussione al Senato, utilizzo una definizione a-tecnica e generica per ricomprendere gli interporti, i centri merci e quelli intermodali, le piastre logistiche e tutte quelle infrastrutture inland che, salvo poche eccezioni (Quadrante Europa, Bologna…), hanno sofferto gli effetti della deindustrializzazione, della diaspora produttiva che ha ridislocato le attività che erano concentrate nei distretti, della rinuncia al ruolo di pernio del sistema da parte delle Ferrovie dello Stato, della mancanza di una regia nazionale che con continuità spingesse per l’incremento del traffico combinato ferro-gomma riservando a quest’ultima l’ultimo miglio o il traffico di breve percorrenza.
[hidepost]Vista l’occasione, si discute del futuro dell’Interporto di Guasticce, mi soffermerò prevalentemente sulle questioni aperte per gli interporti che si ritenevano funzionali ai porti.
Per questi, paradossalmente, il miglioramento della infrastrutturazione dei porti, avviata nel 1995, ha contribuito a quella sofferenza trattenendo le merci nel luogo dei flussi (i nodi portuali che hanno aumentato o razionalizzato i loro spazi) piuttosto che avviarli per il “rilancio a destino” nel luogo degli stock e delle lavorazioni a valore aggiunto (gli interporti ed i centri logistici).
Una prima constatazione: a parità di volumi il traffico terra-mare e viceversa ha minor bisogno di funzioni interportuali di tipo intermodale e, visto che dal 2008 al 2012 i porti italiani hanno movimentato più o meno mezzo miliardo di tonnellate l’anno di merci comprese le rinfuse liquide, questi sono andati meglio a discapito degli interporti. Quindi porti ed interporti hanno bisogno di una struttura commerciale che faccia proposte integrate al mercato.
La filosofia alla base delle scelte politiche del 1986: corridoi plurimodali + interporti + ferrovie = successo, confermata nel 2001 nell’ambito della definizione delle 4 grandi macroaree tra le quali quella Livorno/Grosseto, avrebbe però potuto avere ugualmente successo, tra l’altro utilizzando di più gli interporti, se il nostro Paese fosse stato un player per i traffici destinati anche all’Europa del Sud per i quali la “piattaforma Italia protesa nel Mediterraneo” sarebbe stata la migliore Piattaforma Logistica.
Il sistema Italia avrebbe infatti corrisposto alla domanda di external supply chain di una area di riferimento nazionale ed europea superando la internal supply chain che fino agli anni ‘90 le aziende di produzione e quelle di distribuzione avevano ritenuto sufficiente per garantirsi l’efficienza degli approvvigionamenti (la logistica della pipeline).
Non vi sono, quindi, responsabilità locali per le difficoltà che vivono oggi gli interporti ma pesanti responsabilità nazionali aggravate, per quanto riguarda la domanda interna, da circostanze internazionali note e conosciute. Tra l’altro la domanda del mercato interno da sola non ha potuto non può e non potrà sostenere gli innumerevoli “centri logistici” che si sono costruiti nel Paese.
Non c’è da sperare che nel breve-medio periodo la situazione cambi e gli interporti siano saturati a causa della significativa flessione della domanda di intermodalità e di servizi alle imprese, soprattutto quelle piccole e medie, che avrebbero potuto trovare nei centri merci (negli Interporti) aree infrastrutturate nelle quali organizzazioni efficienti perché imperniate sulla intermodalità ferro/gomma avrebbero realizzato masse critiche di parcels, contenitori, casse mobili economicamente interessanti per il trasporto a destino o all’imbarco via ferro.
Già nel 2007, prendendo atto della mutata situazione, il Piano generale della mobilità indicò ad alcuni interporti la diversificazione verso funzioni di city logistic e di supporto alle Autostrade del Mare alle quali destinare risorse e spazi con pari dignità rispetto a quella di punti di concentrazione e di cambio di modalità per il traffico merci.
Idee assolutamente condivisibili ma la cui attuazione è in pesante ritardo. Sono mosche bianche i comuni che hanno avviato la realizzazione di centri di scambio gomma/gomma tra i grandi camion che invadono le città ed i furgoni per la consegna a destino.
La conseguenza è che oggi alcuni interporti hanno difficoltà finanziarie gravi o gravissime a causa degli investimenti massivi e talvolta non appropriati e della carenza di ritorno economico.
Le prospettive sono ulteriormente preoccupanti per l’ulteriore efficentamento dei porti e dei loro asset ferroviari ed anche per la ricerca spasmodica di soluzioni porto-destino finale/fabbrica-porto da parte dei diversi attori della logistica.
L’utilità e la funzione di alcuni interporti sarà ancora più controversa in un contesto di traffici contenuti o in declino (salvo che per l’export) che saturano a malapena l’offerta di spazi portuali (da una ricerca Confetra in orizzonte 2025 i terminal portuali per ctrs saranno saturati solo per il 60%) e con tariffe per la movimentazione in porto che risentono moltissimo del divario tra domanda ed offerta.
Ritengo allora che le iniziative in corso per dare una governance ai nodi (corridoi, sistemi logistici) trovi motivazioni oltre che nella spending review e nella necessità di dare un assetto meno anarchico alle scelte logistico-portuali nella diffusa percezione che il Paese rischia di avere un certo numero di interporti che si confermeranno o diverranno cattedrali nel deserto.
Soprattutto in quelle aree dove oltre agli interporti ci sono o ci saranno a causa di dismissioni altre offerte di spazi portuali o vicini ai porti.
In quelle aree credo che i decisori, comunque si concluda il dibattito parlamentare sulla legge di riforma e quindi sull’integrazione tra i nodi (i porti) e le reti (interporti, collegamenti ferroviari e telematici ecc.), debbano autonomamente ragionare al più presto dell’integrazione funzionale sulla base di una vision condivisa che guardi a cambiamenti dei quali si avvertono i primi segnali.
Non c’è una ricetta unica. Ci sono riflessioni da avviare al più presto partendo, magari, dal convenire sulla praticabilità normativa e sull’utilità dell’ingresso del Comune di Collesalvetti nel Comitato portuale di Livorno.
A Livorno/Collesalvetti, in un breve arco di tempo, la riflessione dovrebbe riguardare l’offerta di spazi rappresentati dalla raffineria e dai suoi 1.5 milioni di mq, l’interporto con i suoi 3 milioni ben infrastrutturati, il modernissimo autoporto del Faldo, le iniziative di logistica realizzate ed in fieri (per quanto riguarda gli assetti ferroviari) di Pontedera tenendo conto, nel medio periodo dei 700.000 mq di spazi sulle vasche di colmata e del miglioramento dell’assetto ferroviario del porto ed infine, nel lungo periodo, della prospettiva – intelligentemente ridimensionata – della piattaforma Europa.
Ovviamente vi sono punti di forza e di debolezza. Secondo l’IRPET in Toscana il settore manifatturiero ha avuto una flessione del 25% dall’inizio della crisi ma un studio di European Storage Association (seppur datato) indica i nuovi servizi richiesti da alcune precise tipologie di merci e fornisce un elenco dei servizi ausiliari a valore aggiunto che possono far parte di un progetto di scouting commerciale che offra i servizi del porto e quelli dell’interporto in una logica integrata non riferita alla modalità (ferro, gomma) ma al valore aggiunto dei servizi offerti.
Ci accorgeremmo che è possibile (e neppure complicatissimo) stabilire che alcune tipologie merceologiche (es: cellulosa su brevi tratti: Lucca) non sopportano uno stop intermedio che genera costi senza valore aggiunto ma anche che alcune merci per essere “rilanciate” sui mercati soprattutto del Nord Italia o del Nord Africa (medicinali, prodotti per l’infanzia, macchine da assemblare ecc.) sono disposte a comprare servizi aggiuntivi al semplice trasporto.
Così come vi sono iniziative da approfondire e forse da duplicare.
15 giorni fa l’ENI ha consegnato ad una NewCo pubblica di proprietà delle Istituzioni Venete una porzione significativa di Marghera con in più 38 mio/euro per la loro bonifica e si è impegnata ad investire 200 mio/euro su nuove produzioni verdi.
Osservo che l’avvio condiviso di lotti di bonifica avrà da subito un valore occupazionale importante e che per quanto riguarda la NewCo il presidente della Regione Veneto sostiene sulla stampa che per le aree che saranno bonificate ha un eccesso di domanda di imprenditori rispetto agli spazi disponibili.
A partire dal 2011, con una ricerca made in USA, si studia attentamente il ritorno di alcune tipologie manifatturiere ad alto know how che, a causa del lievitare dei costi di produzione e di trasferimento, trovano conveniente ricollocarsi in Occidente.
Il Governo nazionale dovrà definire la destinazione della quota spettante al nostro Paese delle risorse destinate al Piano connecting Europe Facilities che debbono essere impegnate sui corridoi logistici che si diramano dai porti core come Livorno e che potrebbero essere destinati alla realizzazione del collegamento shuttle porto/interporto al quale stanno lavorando l’Autorità portuale e la Regione Toscana.
Nereo Paolo Marcucci
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