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Sui controlli, procedure e tempi da migliorare

Roberto Alberti al Propeller Club Livorno. (Foto Laura Bolognesi)

LIVORNO – La mancanza di tempi certi per lo sdoganamento delle merci in un porto può far desistere l’armatore dallo scalarlo ancora: argomento molto importante, com’è evidente, per l’economia di tutto quel bacino d’utenza. Dal punto di vista dello spedizioniere il momento del controllo della merce in arrivo è anche il più critico, l’unico che oggi egli non riesca a prevedere. E se anche si stima che solo il 15% delle merci viene effettivamente ispezionato, quando ciò avviene iniziano quei problemi che si traducono subito in un’immagine di inefficienza e, conseguentemente, di involuzione di tutto un Paese.
[hidepost]Il dottor Roberto Alberti, qualificato relatore in quanto presidente dell’associazione spedizionieri livornesi Spedimar, amministratore delegato della casa di spedizioni CIS SpA nonché socio del Propeller locale, ha trattato accuratamente il tema nella recente conferenza organizzata dal presidente del Club Fiorenzo Milani prospettando alcune soluzioni per ottimizzare le operazioni di controllo.
“Il porto di Livorno è stato scelto per molti anni dalle compagnie di navigazione proprio per i suoi tempi rapidi nello svincolare le merci – ha detto Alberti – e le compagnie lo privilegiavano per questo anche se era spesso distante dai luoghi dove la merce era destinata”. Oggi non è più così ed il vero problema – secondo Alberti non solo livornese ma nazionale – consiste non tanto nella lunghezza dei tempi dell’operazione quanto nell’incertezza degli stessi. L’imprevedibilità del tempo necessario interrompe infatti la catena delle fasi del trasporto, ormai sincronizzate fra loro, rendendo l’Italia agli occhi delle aziende estere, non affidabile sotto il profilo della puntualità. Ed i risultati li stiamo vedendo da tempo: la concorrenza con i porti del Nord Europa è ormai un dato di fatto.
Prima di analizzare i problemi che si riscontrano nel controllo delle merci e le possibili soluzioni da attuare il presidente della Spedimar ha spiegato l’operazione dal punto di vista legislativo e pratico. Le ragioni che muovono i controlli sono descritte nell’articolo 91 del Codice Doganale europeo ed hanno varia natura:  fiscale, sanitaria, di controllo di traffici illeciti, di preservazione dei vegetali, di tutela dell’ambiente, di salvaguardia del patrimonio artistico e delle imprese per evitare la contraffazione dei prodotti fino a giungere all’applicazione di misure di conservazione e gestione delle risorse ittiche e di misure di politica commerciale. Gli organi di vigilanza sono la Dogana, la Guardia di Finanza e la Polizia di Frontiera; di questi la Dogana ha un ruolo centrale ed il potere di effettuare o meno dei controlli basati su analisi dei rischi elaborati a livello nazionale, comunitario e internazionale. Gli altri enti di controllo, che fanno capo ai diversi Ministeri, sono la Sanità Marittima (USMAF – per alimentari di origine non animale/prodotti pericolosi), l’Ufficio Veterinario (PIF / UVAC per origine animale), il Servizio Fitosanitario  (per i vegetali), l’AGECONTROL (per l’ortofrutta),  il CITES (per animali/cose protette), l’Ufficio Fitopatologico regionale (per garantire l’assenza di malattie o organismi pericolosi nei vegetali in entrata ed in uscita dalla Toscana).
Alberti ha evidenziato come, in generale, proprio l’ubicazione degli enti di controllo rappresenti la prima difficoltà in questa operazione: a Livorno ad esempio essi distano dal punto di arrivo delle merci da un minimo di 7,5 Km del PIF al massimo dei 20 km del CITES. Non c’è neanche coordinamento fra gli stessi enti a causa dei rispettivi diversi sistemi informatici che, seppur validissimi, non dialogano fra loro costringendo così gli spedizionieri ad inviare il proprio personale nelle varie dislocazioni a seguire le pratiche. Ognuno di questi enti può inoltre ispezionare la merce aprendo il contenitore ed allungando notevolmente i tempi.

Fiorenzo Milani (a sinistra) e Marco Fanfani. (Foto Laura Bolognesi)

Cosa si può fare dunque per evitare sprechi di tempo e denaro ma soprattutto per evitare perdite in termini di competitività ed anche di efficacia dei controlli stessi? Se l’Italia fosse un paese meno malato di burocrazia si potrebbe pensare di accorpare le competenze in un numero più ristretto di enti ma, realisticamente parlando, la Spedimar sostiene da tempo la necessità di un centro di ispezione dove poter eseguire tutti i controlli, da collocare fra Darsena Toscana e Darsena Est dato che lì secondo il POT, si concentrerà il 95% della merce. Necessario sarebbe anche un nuovo scanner data la poca affidabiltà di quello attuale. Il provvedimento fondamentale è però quello di rendere finalmente operativo lo Sportello Unico attraverso il quale la Dogana, a questo punto unico interlocutore dello spedizioniere, coordinerebbe tutti gli enti; secondo il Piano Nazionale della Logistica del 2011/2020 questo progetto è al primo posto per importanza e si stima che la sua mancata realizzazione comporterebbe una perdita di 37 miliardi di euro. Purtroppo osserviamo che dal 2003 ad oggi le funzioni attive dello Sportello sono esigue (lettura ed integrazione delle dichiarazioni delle licenze import/export e poco altro) ed anche se a Ravenna si sta ora implementando la parte sanitaria gli avanzamenti del sistema vanno comunque troppo a rilento allontanando anche il corollario allo Sportello Unico ovvero l’unificazione dei controlli. Fra gli altri provvedimenti ritenuti importanti da Alberti ci sono la realizzazione di una rete Wi-Fi che copra le aree portuali e la creazione di piattaforme comuni nello scambio di dati con gli scali extracomunitari. Da parte degli Enti sarebbe auspicabile invece uno snellimento delle procedure, uniformare ed allungare gli orari di lavoro ed un’applicazione conforme alle regole europee mentre gli operatori dovrebbero fare la loro parte utilizzando meglio gli strumenti già esistenti per la riduzione dei tempi morti (es. preclearing) e cercando di svolgere ogni fase del lavoro in via telematica il prima possibile oltre che convincere i propri mandanti a qualificarsi come AEO, velocizzando così le operazioni. Roberto Alberti ha infine concluso la sua relazione facendo appello ad una visione di insieme attraverso la quale non si guardi alla soluzione del singolo e personale problema ma si lavori insieme per giungere allo sviluppo organico di un unico sistema portuale.
In apertura di serata il presidente Milani aveva presentato Marco Fanfani, nuovo socio Propeller insieme al fratello Guido, assente per indisposizione. Marco Fanfani è amministratore delegato della Hamburg Süd Agency Central Italy di Livorno e figlio di Giorgio Fanfani, rappresentante della storica famiglia di agenti marittimi e fondatore del Propeller Club livornese nel 1978.
Cinzia Garofoli

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Pubblicato il
2 Marzo 2013

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