Per salvare gli squali no al taglio delle pinne
La barbara abitudine di mutilare gli squali ributtandoli vivi in mare viene dall’Est
ROMA – Nel 2006 il Parlamento europeo ha chiesto di rafforzare il Regolamento UE sul finning, la cruenta pratica che consiste nel taglio delle pinne degli squali e il rigetto del corpo dello squalo, spesso ancora vivo, in mare. Ogni anno infatti, decine di milioni di squali vengono cacciati per le loro pinne, fortemente richieste dal mercato asiatico per la celebre zuppa di pinne di squalo.
Attualmente una deroga contenuta nel regolamento comunitario consente di rimuovere le pinne degli squali a bordo dei pescherecci europei, rendendo di fatto inefficaci i controlli.
A seguito di una Risoluzione del Parlamento europeo del 2010 che chiedeva di vietare il taglio delle pinne degli squali in mare, la Commissione Europea ha presentato una proposta che prevede di eliminare ogni deroga e permesso speciale, autorizzando esclusivamente lo sbarco degli squali con le pinne attaccate al corpo.
[hidepost]Il metodo delle pinne attaccate, già utilizzato con successo in diversi Paesi del mondo e raccomandato dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN), dalle Nazioni Unite e dagli esperti scientifici, rafforza e semplifica i controlli, il monitoraggio e la raccolta dati sulle popolazioni di squali, una delle specie più minacciate degli oceani a causa della pesca intensiva e del mercato internazionale delle preziose pinne.
La Proposta della Commissione è stata accolta favorevolmente dalle Commissioni Ambiente e Pesca del Parlamento europeo e dallo stesso Consiglio Europeo sulla Pesca, osteggiata unicamente da Spagna e Portogallo, Paesi che mantengono forti interessi nel commercio internazionale delle pinne di squalo.
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