Kutufà e il rebus province
LIVORNO – Anche il presidente della Provincia livornese Giorgio Kutufà, nel suo tradizionale incontro di fine anno con la stampa, ha preso la sfera di cristallo per ipotizzare il futuro; più che dell’ente, quello suo.
[hidepost]E a chi gli chiedeva cosa farà da grande – cioè a fine mandato – ha risposto di essere già più che grande e di voler considerare chiusa, con il mandato, la sua esperienza politica. Il che vuol dire due cose: o Kutufà è un bugiardo – diciamo in modo più soft: ha delle riserve mentali – oppure è tra i pochi politici che davvero non vuol fare le acrobazie per rimanere incollato alla seggiola, peraltro traballante se le Province salteranno sul serio.
Sui problemi – e ce ne sono, per il povero presidente “dimezzato” – Kutufà è partito ricordando che in attesa dell’eutanasia delle Province le deleghe sono state confermate ma le risorse più che falcidiate. I programmi, ha ricordato, vanno avanti lo stesso: sistemazione morfologica delle spiagge, il sostegno al turismo, la programmazione scolastica, la valorizzazione degli istituti professionali, la formazione con i voucher aziendali. Quella della formazione professionale è per la Provincia un’arma a doppio taglio: se arrivano in verità molte risorse anche dall’UE, più volte viene messo in dubbio se i corsi di formazione siano più utili ai formatori – che vengono pagati – piuttosto che ai formandi. Un tema sul quale Kutufà ha glissato, sottolineando solo il dato positivo secondo cui buona parte dei “formati” entro 12 mesi ha trovato lavoro.
Anche sull’ambiente la Provincia ritiene di aver fatto molto: e sta lavorando alla riperimetrazione dei SIN di Livorno e Piombino nella speranza che si possa passare ai meno ostativi SIR (regionali) “per rendere più semplice la gestione delle varie problematiche”.
Un atto ufficiale infine, per caratterizzare la vocazione sociale della Provincia: l’iniziativa sottolineata con orgoglio dal presidente Kutufà della consegna dell’attestato di cittadinanza ai figli di stranieri nati in territorio provinciale, “come valore simbolico di accoglienza e integrazione”. Della serie: facciamo quello che possiamo, nel nostro piccolo, per inventarci un’Italia migliore.
A.F.
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