E se Costa ci costasse un assurdo?
ROMA – Mettiamola così: ci auguriamo che siano soltanto pochi mal di pancia. Ma i segnali sono comunque inquietanti: ovvero, la neonata-ricostituita Assoporti comincia a perdere pezzi e sembra avviata in una crisi interna peggiore – se possibile – di quella dell’era Nerli.
[hidepost]Ci dicono che Ravenna ha deciso di uscirne. Ci dicono che anche Trieste sta meditando di farlo. Ci dicono che anche Luigi Merlo, presidente in tandem con il vicepresidente Pasqualino Monti, sia particolarmente irritato. Il tutto avrebbe origine, come scriviamo qui a fianco, dall’iniziativa autonoma del presidente dell’Authority di Venezia Costa che utilizzando le proprie personali entrature con il governo Monti – è consulente del viceministro Ciaccia – si sarebbe fatto finanziare alle spalle di tutti gli altri porti italiani un megaprogetto per un porto containers che secondo gli altri scali adriatici grida vendetta e rischia di mandare all’aria l’intero range nazionale. Un fanta-progetto per un terminal containers a pochi chilometri da quel gioiello d’arte che è Venezia e che andrebbe invece “dedicata” a ben altri comparti economici, vista anche la vicinanza di un “sistema” portuale maturo e in crescita come quello che va da Trieste a Koper.
Merlo e Monti sarebbero, giustamente, incazzati: anche perché l’iniziativa di Costa – peraltro non nuovo a posizioni personali sparate senza consultarsi con gli altri dell’associazione: vedi la battaglia per i “servizi portuali”- non solo non è stata concordata in Assoporti, ma avrebbe anche aspetti di vera e propria operazione di sottogoverno, con spese enormi in tempi in cui ai porti più specializzati si lesinano anche le briciole.
Ovviamente è tutto ancora da provare: però se ne parla e se ne scrive sempre di più, e la crisi di Assoporti adesso non è soltanto un’ipotesi remota. La vecchia saggezza popolare dice che dove c’è tanto fumo ci dev’essere per forza anche un po’ d’arrosto. Con buona pace delle politiche sulla logistica nazionale, per il cluster marittimo e per i vari appelli alle spending reviews. Che a quanto pare non valgono per chi, tra tanti eguali, risulta in qualche modo più eguale degli altri. Vi ricorda niente la Fattoria degli animali di Orwell?
Antonio Fulvi
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