Confetra e l’Araba Fenice

Nereo Marcucci
ROMA – Confetra ha diramato qualche giorno fa una nota nella quale si rileva “una pesante incoerenza suscettibile di determinare costi aggiuntivi per il sistema economico del Paese, di impegnare risorse pubbliche in duplicazioni che possono essere evitate, di ritardare l’ammodernamento del sistema logistico nazionale allargandone il gap rispetto ai competitori europei”.
Secondo Nereo Marcucci, vicepresidente di Confetra, i commi 10, 13 e 14 dell’art. 8 del Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179 (in conversione) nel tentativo di dare applicazione alla direttiva comunitaria 65/2010, finalizzata alla semplificazione delle procedure amministrative applicate ai trasporti marittimi rischiano invece di produrre l’esatto contrario.
“Con buonsenso – continua la nota – il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno individuato nella realizzazione di un unico interfaccia (tra le diverse amministrazioni pubbliche coinvolte nel traffico marittimo e gli operatori) lo strumento idoneo alla semplificazione dei molteplici obblighi che debbono essere assolti all’arrivo delle navi e prima della loro partenza.
[hidepost]Per l’Italia sarebbe stato sufficiente, ai fini del suo recepimento, che il Decreto Legge disponesse che le diverse amministrazioni interessate (Agenzia delle Dogane, Capitanerie di Porto, ministero della Salute) realizzassero al più presto l’interoperabilità tra i loro diversi sistemi informativi offrendo agli Operatori, appunto, un unico interfaccia.
Il combinato disposto dei commi citati invece, prevede e legittima un unico sistema di interfaccia, il PMIS, che dovrà essere implementato entro il 2015, per ricevere le medesime informazioni già acquisite in via telematica da altri sistemi già operativi, nonché, fino a tale data, una sorta di doppio binario l’uno informatico e l’altro cartaceo gestiti da diverse Amministrazioni pubbliche.
“A mio avviso quel doppio binario è evitabile e da evitare – afferma Nereo Marcucci – attraverso l’integrazione di alcune informazioni elementari aggiuntive che completerebbero l’esistente Cargo Declaration/Cargo manifest che dal circuito elettronico dell’Agenzia delle Dogane perverrebbe in tempo reale al PMIS (Port Management Information System) delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera valorizzando quanto è stato fatto fin qui, evitando sia costi aggiuntivi di gestione agli operatori sia quelli di risorse pubbliche da investire nella duplicazione, entro il 2015, di complesse piattaforme informatiche”.
Fin qui la nota di Confetra. Che ovviamente è condivisibile nella sua sostanza, anche se sembra non tener conto del fatto che in questo paese i sistemi informatici della pubblica amministrazione sono nati in un vero e proprio caos di iniziative autonome e svincolate l’una dall’altra, tanto che nella stessa amministrazione (per esempio all’interno di un ministero) capita di sovente che gli uffici non si parlino informaticamente tra loro. Per quanto riguarda le Capitanerie, siamo all’assurdo che – per fare un esempio – a quasi trent’anni dalla loro istituzione i RID (Registri delle imbarcazioni da diporto) sono sì informatizzati in quasi tutti gli uffici, ma spesso non colloquiano tra Capitanerie e non lo fanno con la centrale romana. Lo stesso accade con gli elenchi delle patenti nautiche, tanto che ancora oggi non si riesce ad avere un dato nazionale omogeneo sulle patenti esistenti, su quelle scadute, su quelle colpite da provvedimenti coercitivi eccetera.
Il caso delle Capitanerie è solo esemplificativo delle condizioni di informatizzazione di uno dei comparti più importanti per il cluster marittimo. L’invito di Marcucci ad accelerare l’istituzione di un linguaggio informatico comune anche con le dogane e con gli operatori rischia quindi di essere l’ennesimo appello a ciò che l’intelligenza richiede ma la burocrazia imperante non è capace – e a lungo non sarà capace – di realizzare. Alla ricerca, insomma, dell’Araba Fenice.
A.F.
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