“Spending” e Autorità dei porti
ROMA – In questo caso, non sembra proprio che le Autorità portuali si consolino con il vecchio detto “mal comune, mezzo gaudio”. Perché le ultime indicazioni dal governo secondo cui la Spending Review dovrà necessariamente tagliare anche nella carne viva delle Autorità portuali – si parla di economie del 10% almeno nel numero dei dipendenti e del 20% dei dirigenti – sta provocando reazioni durissime, che passano dal disperato al rabbioso.
[hidepost]Ci dicono che ovviamente si è precipitata Assoporti e si sono precipitati i sindacati: ma difficilmente ci sarà una decisione definitive – e tutti nelle Autorità portuali sperano che sia loro positiva – prima di due/tre giorni. Che saranno di bagarre.
Il nodo gordiano, secondo Assoporti, è che le Autorità portuali vengono considerate dal governo alla stregua di enti pubblici, sia pure non economici, quindi soggetti alla “strizzata” generale della revisione di spesa. Ma per Assoporti le Autorità non sono enti pubblici tipici perché hanno contratti di lavoro privatistici: e peraltro hanno bilanci autonomi, seppur sottoposti al controllo statale. Un nodo, appunto, gordiano: che il governo Monti ha ritenuto di risolvere con un colpo di spada più tagliente di quella di Alessandro il Grande.
Naturalmente ogni Authority ha la sua ricetta alternativa, pur di non vedersi tagliare personale e retribuzioni. Quasi tutte sono concordi nell’opportunità di risparmiare non tagliando sulla carne viva della gente ma cancellando “alcune” Autorità portuali, in particolare quelle da tempo commissariate e specie quelle di recente riammesse, contro tutte le aspettative, dalla riforma della riforma. Il che corrisponde in sostanza al noto principio NIMBY (not in my backyard). Come a dire: tagli si, ma nel giardino degli altri.
A.F.
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