Sulla Riforma della Riforma dei porti tanti “ni”, compresa Confindustria
Cresce il numero degli emendamenti proposti, anche da parte di Assoporti – Gli snellimenti doganali, la riduzione delle Autorità portuali e i poteri dei presidenti – Un dibattito a La Spezia
ROMA – Confindustria dunque ha tirato il freno sulla bozza di riforma della legge 84/94. In un documento consegnato alla Commissione Trasporti della Camera, nel corso di una prima audizione sul tema, la confederazione delle imprese industriali – alla quale si riferiscono anche importanti settori del cluster marittimo – ha di fatto giudicato il testo varato dal Senato come una serie di pannicelli caldi. Chiedendo che la Camera dia più vigore alla riforma, in chiave sia di minor burocrazia, sia di maggiore libertà alle imprese.
[hidepost]Tra i limiti segnalati, l’eccessiva “timidezza” nel definire l’ammodernamento del sistema doganale, l’eccesso di frammentazione dei porti e il numero davvero ingiustificabile delle Autorità portuali (tornano in ballo le due di più che portano il totale all’assurda cifra di 25), i ritardi con cui le stesse Autorità portuali programmano di dismettere le società partecipate. Critico anche il rapporto – o meglio, lo scarso rapporto – tra i sistemi logistici portuali e quelli già presenti, compresi i collegamenti con la rete degli interporti (anch’essa ipertrofica, con un eccesso di realtà che spesso sono soltanto un costo aggiuntivo per le merci). Uno dei temi trattati da Confindustria è anche il permanere di un divieto reale alla classificazione dei porti italiani: classificazione intorno alla quale si gira da trent’anni, ancora prima che nascesse la legge 84/94, a più riprese promessa, qualche volta iniziata, e mai portata a termine. E che avrebbe dovuto (o almeno potuto) meglio utilizzare le sempre più scarse risorse dello Stato centrale concentrandole su alcuni porti strategici: salvo ovviamente alimentare le litanìe di protesta dei porti “minori” e gli assalti alla diligenza dei parlamentari di riferimento.
Confindustria non ama affatto la modifica della 84/94 sulle Autorità portuali laddove si propone di dare maggior potere nella gestione operativa ai presidenti a scapito dei comitati portuali, dei quali peraltro si chiede un alleggerimento funzionale. Sollecita poi, sulla parte relativa all’adeguamento doganale a quanto avviene in buona parte dell’Europa (e dei porti delle nuove economie), che lo sdoganamento delle merci non debba necessariamente avvenire nei porti, ma possa essere fatto “a destino”, alleggerendo in questo modo i colli di bottiglia portuali e riducendo i tempi di transito. Una proposta che ovviamente non piacerà agli spedizionieri, a meno che non venga concordata allargando l’intervento di questi ultimi anche al di fuori dei porti.
C’è poi il tema della Spending review da applicare alle Autorità portuali, sul quale Confindustria si è pronunciata solo marginalmente ma che in queste ore sta infiammando Assoporti su pressioni di tutte le Authorities associate. Entro la fine del mese dovrebbe diventare operativo il decreto presidenziale (Dpcm) sulle riduzioni di spesa e di dipendenti delle pubbliche amministrazioni, decreto che toccherà – malgrado certi distinguo portati avanti da Assoporti – anche le Authority portuali con un taglio secco del 10% che per molti è insostenibile, salvo ridurre impegni e produttività. Tra l’altro la tesi di Assoporti secondo cui, essendo il contratto del personale lo stesso dei terminalisti, si potrebbe arrivare all’assurdo che anche i terminal privati siano costretti agli stessi tagli. Insomma, l’ennesimo pasticcio cui ancora non è stata trovata via d’uscita.
Se n’è parlato anche ieri a La Spezia, in un dibattito organizzato dall’Autorità portuale di Lorenzo Forcieri, presenti il senatore Luigi Grillo, il presidente di Assoporti Luigi Merlo ed esponenti politici di varie aree. Titolo più che significativo (e vagamente iettatorio ?): “Riforma dei porti: arriverà in porto?”. Naturalmente non sono mancate le promesse di miglioramenti nella prossima discussione alla Camera. Ma i dubbi – che sono tanti – rimangono.
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Negli stessi tempi il responsabile API per le politiche della logistica integrata, Marcello Mariani, ha avviato una campagna di sensibilizzazione per sollecitare una rapida approvazione in Senato della legge quadro su interporti e piattaforme logistiche territoriali (Ddl Senato n. 3257).
Si tratta di un disegno di legge – dice Mariani – già approvato alla Camera dei Deputati e attualmente in discussione al Senato, che segna un passaggio importante per l’innovazione del Paese nel più ampio settore della mobilità delle merci.
“Questo provvedimento è atteso dagli interporti italiani – continua Mariani – e da tutti gli operatori coinvolti ma serve soprattutto a modernizzare il Paese dotandolo di una strategia in materia di logistica integrata. La finalità è quella di avere una rete di infrastrutture interportuali efficienti e soprattutto competitive con il mercato internazionale, capaci di attivare nuovi cicli virtuosi in tema di impatto ambientale e insieme generare sviluppo economico.
Sempre secondo Mariani la rete degli interporti italiani è uno strumento per poter pianificare un sistema di City Logistic per razionalizzare la distribuzione dei beni di consumo nelle città o ancora per disegnare le basi di un piano nazionale di riutilizzo delle materie prime (Reverse Logistic)”.
Ha concluso Mariani: “La nuova legge quadro è un passaggio fondamentale anche per riportare il nostro sistema ferroviario a competere sulla mobilità delle merci. Questo proprio grazie all’apporto di un moderno network di nodi logistici primari (porti e interporti) connessi e supportati da un funzionale ITS (Intelligent Transportation System) quale quello che UIRNet sta realizzando per l’intero sistema logistico italiano”.
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