La morte di Rudolph, nel Santuario che non c’è
Malgrado i proclami, l’area di mare interessata da “Pelagos” non ha regole protettive e il numero dei cetacei è in continua diminuzione
VIAREGGIO – Torna alla ribalta in modo ciclico, come i corsi e ricorsi storici di Giovanbattista Vico, la polemica sul Santuario dei mammiferi marini tra Costa Azzurra, Corsica e Toscana: quello che i francesi chiamano Pelagos e che avrebbe dovuto istituire regole restrittive per il traffico delle navi, in difesa di una popolazione residente di almeno ottocento tra balene e capodogli, e di oltre trentamila tra delfini, stenelle, grampi, globicefali, zifi e forse anche qualche foca monaca.
[hidepost]Invece del Saltuario si parla solo quando qualche nave sperona una balena, o qualche balena viene trovata morta per cause più o meno naturali: come nel caso di Rudolph, il maschio di balenottera comune trovato dalla Guardia di Finanza di Viareggio al largo della Gorgona. Le cause della morte di questo maschio adulto di oltre 20 metri di lunghezza non sono state ancora ufficialmente accertate: si è parlato di malattia ma anche di denutrizione. Le balene del Mediterraneo infatti si nutrono prevalentemente di sardine e acciughe – il krill dell’Atlantico è praticamente inesistente su questi mari – e si sa che la pesca intensiva dei banchi di pesce azzurro li ha da tempo decimati. Secondo un’indagine di Greenpeace – peraltro da prendere con le molle, per l’evidente orientamento “animalista” dell’associazione – in dieci anni il numero dei grandi cetacei dell’alto Tirreno si sarebbe ridotto a un quarto, mentre quello delle stenelle alla metà.
Comunque siano in realtà le cose, balene e delfini sono diventati nell’Alto Tirreno oggetti di operazioni commerciali – il whale watching – travestite da ambientalismo: e decine di associazioni sfruttano la cosa facendosi finanziare “campagne” di osservazione o di censimento che sono di fatto vacanze pagate (si sono viste in giro tra le isole barche a vela con famigliole vacanziere con tanto di scritte sulla fiancata, in modo spudorato: “Centro ricerche cetacei”) ma producono assai poco.
Quello che manca invece è una seria e scientifica gestione del Santuario: e specialmente mancano regole per il traffico marittimo.
Premesso che è difficile conciliare un Santuario così vasto con le esigenze dello shipping – e che c’è da interrogarci sulla competenza di chi ha voluto il Santuario in un’area tra le più strategiche per i tanti porti del Tirreno – si dovrebbe e potrebbe fare di più oltre all’ultimo limite istituito peraltro all’inizio della storia del santuario. La proibizione delle gare motonautiche d’altura.
La morte di Rudolph – il nome gliel’avevano affibbiato i ricercatori del centro di Viareggio, che l’avevano spesso monitorato al largo della Corsica – potrebbe dare l’occasione al Santuario di spingere per qualche provvedimento serio, non demagogico e non punitivo per lo shipping. Ma siamo a fine estate: e come sempre accade, l’estate non porta consiglio, ma semmai amnesie.
A.F.
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