Revisioni portualità e segnali
ROMA – In tempi di “spending review”, o per dirla all’italiana di tagli alla spesa pubblica, la vicenda delle ventidue e passa Autorità portuali è un po’ surreale. Ed è surreale che si lancino al vento progetti di accorpamenti selvaggi, o compattazione in sistemi, o addirittura di macro-sistemi di mare (Tirreno ed Adriatico) mentre poi la montagna continua a partorire topolini.
[hidepost]E specialmente, mentre l’Assoporti – ovvero l’associazione di queste Autorità portali che non si sa bene che fine faranno – sta per riunirsi in assemblea di “rifondazione” d’accordo in linea di massima solo su una staffetta alla presidenza.
Certo, le considerazioni che qui a fianco propone Luciano Guerrieri sono tutt’altro che peregrine. E certo dimostrano che anche nelle Autorità portuali c’è chi, dall’interno, ha inquadrato e vuole inquadrare il problema nel suo complesso, cioè sul piano della sopravvivenza della portualità italiana piuttosto che della propria singola persona. Però non so bene se le considerazioni di Guerrieri – che non va dimenticato è uno dei tre “saggi” di Assoporti – sono frutto di una visione personale o fanno parte invece di un progetto più condiviso, che dopo l’Assemblea potrebbe diventare la “road map” della nuova Assoporti.
Auguriamoci che sia così. Certo, non depone a favore di strategie nuove, condivise e nell’interesse generale, la battaglia politica che continua sulle stesse Autorità portuali. Un segnale tra i tanti è la recente sentenza che ributta all’aria una presidenza perché il nominato al vertice – con tanto di parere favorevole dell’avvocatura di Stato e quindi di benedizione di questo governo – non ha la cittadinanza italiana. Qui non si discute di meriti, di capacità, di programmi: ma solo di un pezzo di carta in un’Europa che dovrebbe vederci tutti – Merkel a parte – cittadini uguali ed accetti. Come segnale, lascia da pensare.
Antonio Fulvi
[/hidepost]