Bacini di carenaggio nel Tirreno il RINa decide se riaprire Livorno
Atteso a breve il risultato dello studio tecnico del Registro navale – Possibile una integrazione dell’uso anche dei privati – L’ipotesi della Costa Concordia
GENOVA – Luigi Merlo ha un diavolo per capello: anzi, più diavoli che capelli, notoriamente pochi. Da poco confermato per il secondo mandato alla guida dell’Autorità portuale del primo scalo italiano, ha dovuto incassare il fallimento della gara per privatizzare l’aeroporto Colombo. Il che vuol anche dire – secondo le sue stesse dichiarazioni – che se non si farà presto con una seconda gara entro aprile, non ci saranno i tanto sospirati 30 milioni che dovevano costituire lo zoccolo duro per costruire il sesto bacino di carenaggio.
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Non tutto è perduto, sottolinea Merlo, anche perché gli interessati all’acquisto ci sono. Il problema semmai sono i tempi. Perché mentre Genova cincischia sul sesto bacino, i porti concorrenti – specialmente quelli dell’arco mediterraneo della Francia – non aspettano e stanno potenziando.
Poi c’è l’incognita Livorno. L’Autorità Portuale di Giuliano Gallanti aspetta proprio per questi giorni – forse addirittura prima della fine del mese – la conclusione dello studio tecnico del RINa che dovrebbe dire se, come, quando e con che costo potrà essere rimesso in funzione il superbacino livornese da anni praticamente rottamato. Al RINa Gallanti ha chiesto anche di studiare come eventualmente rendere compatibile l’impianto con il resto del porto dal punto di vista ambientale: con una copertura mobile, con aspiratori delle polveri, con vasche di decantazione, eccetera. A quel che si sa, Gallanti conta anche sulla collaborazione (forse persino finanziaria) di privati: i riparatori navali livornesi (quelli sopravissuti) e lo stesso Paolo Vitelli, boss della Azimut-Benetti, che dopo iniziali resistenze si sarebbe detto disponibile a entrare nella partita.
Dal parere tecnico del RINa e dalla valutazione dei costi dipendono anche scelte strategiche per l’intero porto di Livorno: se cioè continuare a utilizzare l’ex banchina 75 per le crociere (è in fase di appalto il suo dragaggio per poter accogliere eventualmente anche navi da 250 metri), se trasferirvi le riparazioni navali che oggi s’arrabattano nella parte commerciale e industriale del porto, se usare l’area come polmone provvisorio per la nautica da sfrattare nel Mediceo. Tutto fermo, in sostanza, ufficialmente in attesa del piano strutturale del porto e del Comune (che Gallanti giura di aver pressoché pronto) ma in realtà proprio per il destino del superbacino. Sul quale tra l’altro c’è chi spera di poter trasferire la carcassa della Costa Concordia se e quando sarà rimossa intera.
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