E adesso Firenze minaccia
FIRENZE – Il paese del diritto, ma come scriveva Leo Longanesi, specialmente del rovescio. Nel senso che non c’è certezza né delle leggi, né di come vanno interpretate, né della correttezza di chi le applica.
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L’attuale caos sulla pretesa tassa regionale sulle concessioni marittime turistico-ricreative (segnatevi bene questo dettaglio, ci torneremo) è un esempio lampante di come non funzionano le cose. Ci si potrebbe scrivere un trattato di “non diritto”: e non solo sulla pretesa della Regione Toscana (e della Regione Marche) di applicare all’improvviso una vecchia legge ancora piena d’ombre; ma anche sulle reazioni di chi s’è visto arrivare sulla schiena l’inatteso salasso, uno dei tanti di questi tempi sfortunati. Lacrime & sangue promessi (e già regalati) dal governo Monti, servizi e relativi costi alle stelle, caos nei rifornimenti per gli eccessi di pressione fiscale sui carburanti: e siamo solo all’inizio.
Fior di studi professionali marittimisti si sono messi in moto. La tesi ricorrente è che non ha senso una gabella dove non esiste alcun servizio reso o alcuna concessione diretta. Dunque dove le concessioni sono rilasciate dalle Autorità Portuali, la Regione non può pretendere di dare anch’essa un morso: tanto più che nei comitati portuali le Regioni ci sono, e sanno bene che le tariffe delle concessioni non c’entrano con il potere regionale. Bisogna anche ammettere che il problema nasce da lontano, fin dal 1977 quando il demanio marittimo turistico-ricreativo (ecco che torniamo alla definizione chiave) fu passato alle Regioni in via legislativa, per passare loro poi in concreto nel 1994, sia pure attraverso una gestione delegata ai Comuni e da loro alle Capitanerie.
Nella confusione, o almeno nelle difficoltà di inquadrare le cose, che è seguita, tutto sembra asopito, ma in realtà la Regione Toscana aveva già chiesto da anni alle Autorità Portuali di poter intervenire sulle concessioni. Dall’incrocio di quesiti con i ministeri, ci dicono ne fosse risultato una specie di stand-by. Un dettaglio che suona quasi farsesco: a rispondere dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti che nessuna imposta era dovuta alle Regioni in ambito di concessioni delle Autorità Portuali, sembra che ci fosse l’allora direttore generale Massimo Provinciali. Lo stesso che oggi come segretario generale dell’Autorità Portuale di Livorno è stato l’unico tra le tre Authority toscane a cedere alla Regione e inviare gli elenchi dei concessionari. Un atto dovuto, secondo il suo presidente Gallanti: che però su questo la pensa diversamente dai colleghi di Piombino e Carrara, che invece non hanno mandato niente e si sono rivolti di nuovo al ministero, alla Corte dei Conti e all’avvocatura dello Stato.
Tralascio, per dovere di brevità e chiarezza, la vastità del carteggio, delle missive e anche delle minacce: a queste ultime sarebbe ricorsa la Regione Toscana verso le Autorità che non hanno inviato gli elenchi dei concessionari, con una specie di messa in mora e preannunciata denuncia alle stesse Autorità (procurato danno all’erario della Regione). Intanto ai titolari di concessioni nell’ambito livornese sono piovute addosso le richieste, con ingiunzione di pagare intanto (e velocemente) per il 2006, salvo ovviamente aprire una “processione” di ulteriori richieste dal 2007 ad oggi.
Significativo che su questa faccenda, innescata dagli uffici regionali, la parte politica della Regione – e in testa il presidente Rossi – per il momento si sia chiusa in un (imbarazzato?) silenzio. Vedremo come andrà a finire: ma in ogni caso, dall’una o dall’altra parte che stia la ragione, è l’ennesima prova di qualcosa che non funziona. O funziona poco e male.
A.F.
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