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Sfide all’ultimo contenitore tra i grandi vettori navali

Si profila un anno senza profitti con la spada di Damocle supplementare del costo del carburante – L’arrivo dei giganti e la fuga dai porti italiani

Dalla professoressa Dionisia Cazzaniga Francesetti, nota studiosa di traffici marittimi, già insegnante anche all’Accademia Navale, pubblichiamo questa interessante analisi del mercato europeo dei traffici.

PISA – Le linee containers stanno perdendo denaro nelle tratte Asia-Europa per la diminuzione dei noli, la guerra dei prezzi e l’eccesso di capacità: nel 2012 entreranno sul mercato 42 fra le maggiori fullcontainer mai costruite di cui 22 da più di 13,000 teus (Alphaliner e Clarkson).


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A causa della crisi europea il prezzo per portare un container da 20 piedi da Shanghai in Europa è caduto di più del 60% da 1,460 dollari per teu all’inizio dell’anno ai 490 attuali. Il volume dei carichi per tutto il 2011 ha avuto una crescita di circa il 4%, ma la stiva è cresciuta del 14%. Anche le tratte intra-Asia hanno un forte bisogno di un taglio nel numero dei servizi, di navi da tenere in riserva e di demolizioni.

Per comprendere l’entità della sfida fra compagnie vediamo che: Cosco e China Shipping sono fra le prime 10 compagnie mondiali e la loro capacità di stiva è il 7% del totale containers. Ma i carichi containerizzati cinesi sono ben il 20% del totale mondiale quindi molto carico cinese usa le compagnie occidentali che stanno perseguendo una dura politica di stiva.

La Maersk, nella politica per accaparrarsi il mercato contro i concorrenti, ha ordinato 10 fullcontainers da 18,000 teu (e servizi per 7 giorni la settimana fra Asia e tre porti nord europei). Tuttavia Maersk non conferma l’ordine per altre 10 oltre le 20 già presenti.

La MSC si allea con la francese CMA CGM (insieme hanno 49 grandi navi) e afferma di voler costruire navi più grandi possibile per il traffico Asia-Europa per fare economie di scala diminuendo i costi fissi e di carburante, per acquisire quote di altre compagnie e diminuire le perdite.

Pur abbracciando questa politica aggressiva e costosa, Aponte sa che la tratta Asia-Europa sarà senza profitti fino al 2013 per la diminuzione della domanda e l’eccesso di stiva.

La lotta fra i 2 giganti sfavorisce le altre linee asiatiche che si vedono costrette a ordinare mega navi per resistere. Per esempio Hanjin Shipping Co, partner di Cosco, ha ordinato 5 fullcontainer da 13,000 teus, e Hyundai Merchant Marine Co avrà 5 meganavi il prossimo anno (Clarkson). Ma anche compagnie europee sono costrette a muoversi per esempio Hapag- Lloyd AG, avrà il prossimo anno le sue prime 13,000 (Clarkson). Tutte sperano che non si verifichi un aumento del prezzo del petrolio che “tagli la testa” a tutte perchè queste navi sono troppo grandi per essere usate in molte altre rotte. Preoccupa pure il fatto che oltre la tratta Asia-Europa anche la tratta dei servizi transpacifici vede calare i noli. Le tratte transpacifiche sono il 14% del volume globale dei containers rispetto al 29% fra Asia-Europa e Medio Oriente (Barclays Capital).

Intanto c’è chi già lascia: MISC’s, il maggior armatore della Malaysia rinuncia ai containers per altri segmenti dopo 3 anni di perdite.

E’ chiaro il processo verso una maggiore verticalizzazione del settore.

In questo drammatico quadro di aspra concorrenza e conseguente ricerca di massimi risparmi rispetto alle enormi spese per le maxinavi, si nota come siano i porti nordeuropei ad attirare i container asiatici.

Perché il Mediterraneo e l’Italia in particolare perdono appeal? Eppure dopo la 84/94 i grandi gruppi erano calati a colonizzare l’Italia che pareva in ottima posizione. Ma negli ultimi anni Evergreen  si è spostata da Taranto al Pireo; Yang Ming, Hanjin, Uasc, Hyundai cancellano Venezia e Trieste; Maersk lascia Gioia Tauro; Eurokai-Contship lascia Livorno.

Sono venuti avanti altri porti in particolare alcuni di transhipment come Malta (Marsaxlokk) e i porti nordafricani Port Said e Tanger-Med. Essi sono in gran crescita perchè operatori terminalistici internazionali come Apm Terminals ed Eurokai hanno potuto con relativa facilità burocratica e tecnica (data la diversa urbanizzazione costiera rispetto all’Europa) fare investimenti e beneficiare di costi fiscali e di manodopera allettanti.

Intanto per quel che concerne gli scali gateway italiani (Genova, La Spezia, Livorno, Napoli, Venezia, Trieste) si nota che, in generale, hanno registrato negli ultimi cinque anni valori stabili o una crescita molto lenta dei volumi movimentati rispetto ad altri porti mediterranei come gli spagnoli.

Si calcola che almeno un milione di teus destinati all’Italia vengano dal nord. I motivi sono diversi, Piero Lazzeri, presidente Fedespedi, fa pochi esempi: per trasportare un container da Anversa a Verona ci vogliono mediamente 72 ore, da Genova si supera abbondantemente la settimana. Per una spedizione in importazione dalla Cina occorrono più di 70 documenti e, a seconda della tipologia, possono essere effettuati fino a 17 controlli sulla merce, di competenza di 2 o 3 ministeri: eppure sono anni che si parla di sportello doganale unico.

Inoltre ci sono troppi porti sia gateway che di transhipment, manca concentrazione anche di infrastrutture per navi via via più grandi e capienti, che hanno problemi ad operare nei porti italiani sia per l’accosto che per lo stivaggio delle merci trasportate. Mancano infrastrutture retro-portuali e terrestri, ferroviarie in particolare, se lo sviluppo infrastrutturale avesse avuto i ritmi di quello spagnolo recente, oggi la portualità italiana non avrebbe rivali né nel Mediterraneo né in Nordeuropa: a stento si riesce a far superare alle merci gli Appennini per direzioni italiane, del tutto problematico far attraversare le Alpi a grandi volumi di container.

Come può sperare l’Italia di attirare le megafullcontainers in violenta concorrenza fra loro e alla ricerca della massima efficienza e dei massimi risparmi dato che la domanda è prevista in calo per altri due anni?

A Livorno, per esempio, sono 20 anni che si deve assicurare l’escavo a 13 metri. Non necessitano altri commenti.

Dionisia Cazzaniga Francesetti

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Pubblicato il
7 Gennaio 2012

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