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Taranto alla resa dei conti dopo la fuga di Evergreen

Incontri a tutti i livelli e impegni delle istituzioni: ma occorre il miracolo di fare in tre anni quanto non è stato fatto in quindici – I temi sul tappeto

Sergio Prete

TARANTO – Ha avuto l’onestà intellettuale di dichiararlo anche all’Ansa, alla vigilia del vertice di Roma di mercoledì sui problemi urgenti del porto. “Dobbiamo fare in tre anni – ha detto – quello che non è stato fatto in quindici”. La battuta è dell’assessore regionale della Puglia Guglielmo Minervini, che con il sindaco di Taranto Ippano Stefano e il presidente della Port Authority Sergio Prete sta cercando di riannodare i fili di uno sviluppo del porto duramente recisi da Evergreen, che dopo anni di promesse mai mantenute ha tagliato il nodo gordiano e si è trasferita al Pireo. Trascinandosi dietro uno dei più grandi terminalisti mondiali, Hutchinson Wampoa, che aveva sperato di poter investire su Taranto come terminale numero uno del sud Europa.

Adesso che i buoi sono scappati, le istituzioni cercano di chiudere la stalla, con riunioni regionali e nazionali: con promesse di velocizzare iniziative mai maturate, persino con l’annunciato finanziamento (9 milioni) per una vasca di colmata di cui si parla da dieci e più anni.

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Si è chiesto un commissario ad acta al governo per le procedure d’urgenza per il porto e in particolare per un’altra … Araba Fenice, la diga foranea. Sembrano iniziative importanti e finalmente decisive per risolvere una cronica sottovalutazione dei tanti problemi del porto. Ma c’è chi ricorda, magari sottovoce, che solo nel porto concorrente di Barcellona lo Stato spagnolo ha messo sul piatto 3 miliardi e mezzo di euro per un nuovo terminal di Hutchinson. Un divario che mortifica sia Taranto che l’Italia.

Il terminal Tct, che fu fortemente voluto da Pierluigi Maneschi come grande occasione per Evergreen e per Taranto, intanto ha dovuto accettare l’amara realtà dei fatti, che è diversa dalle tante promesse in arrivo: ed ha messo in mobilità 160 lavoratori. Pesanti anche le ricadute sull’indotto, ma i motivi sono, in termini industriali globalizzati, del tutto inattaccabili: rese basse, fondali inadeguati non solo alle navi delle prossime generazioni ma già a quelle di oggi, giornate perse per maltempo (74 giornate nel 2010 e peggio quest’anno) causa la mancata costruzione del tante volte promesso frangiflutti. Il neo-presidente dell’Autorità portuale Prete comosce bene questi problemi e con la sua nomina ha cercato da dare un’accelerata alle realizzazioni, fuori dalle chiacchiere. Ma la collosità del sistema burocratico locale e nazionale non aiuta; risultando peraltro incomprensibile a imprenditori globalizzati dell’Est, dove la burocrazia alla borbonica è sparita da secoli.

Evergreen a sua volta deve difendere la propria sopravvivenza, in tempi che non si profilano facili per lo shipping mondiali. Entro due anni – sono le previsioni della compagnia di Taipei – saranno in servizio nel Mediterraneo navi fullcontainers da 13 mila e più Teu che richiederanno 16,5 metri di pescaggio contro un massimo (ottimistico) di 14,5 offerti da Taranto su un limitato tratto di banchina. Per Evergreen invece i 16,5 metri saranno necessari almeno per una lunghezza di 1000 metri. Il dramma nel dramma (o per qualcuno: la farsa) è che i soldi ci sarebbero: almeno 90 milioni già disponibili tra fondi Ue e regionali, più gli interventi programmabili con il “project financing” degli stessi armatori se avessero garanzie di modi e tempi. Ma il tutto – dicono gli esperti locali – è fermo in un “limbo burocratico” ancor più incomprensibile della mancanza di fondi.

Così anche le promesse di muoversi rapidamente, che stanno piovendo sia da Roma che dalla Regione, vengono valutate con cautela. La diga foranea frangiflutti è indispensabile e urgente, perché senza di quella non si draga. E se non si draga, Evergreen vede impossibile programmare gli scali delle sue navi prossimo future. Anche nel terminal, occorre affrontare il problema delle rese e della produttività. Ci sono molte promesse e molti impegni. Ma chi è stato scottato tante volte dalle parole, adesso aspetta i fatti.

A.F.

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Pubblicato il
3 Dicembre 2011

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