Rebus Monti e l’appello di Assoporti
ROMA – I primi a tirare per la giacchetta sulla portualità Mario Monti, presidente del consiglio designato, sono stati quelli del direttivo di Assoporti. Che già martedì scorso hanno diramato una nota in cui, con gli auguri del consiglio direttivo, esprimevano la speranza “che il governo d’emergenza possa essere in grado di dare corpo alle misure necessarie per garantire la crescita del Paese e l’equità sociale. Tra queste azioni – dice ancora la nota – siamo certi che ci saranno interventi mirati allo sviluppo della portualità”.
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Tra le misure che Assoporti sollecita ci sono l’autonomia finanziaria degli scali marittimi, il rafforzamento del ruolo delle Autorità Portuali, la semplificazione delle procedure, interventi per la competitività delle imprese e per chi investe nei porti”. In sostanza, molti dei provvedimenti sui quali la portualità ha sbattuto la testa contro i duri “niet” di Tremonti.
Se questo è l’augurio del direttivo di Assoporti, non tutti gli associati sembrano essere in linea. C’è chi continua a sottolineare che l’Associazione è pletorica e dovrebbe prima di tutto far chiarezza al suo interno, anche sul piano delle spese – continua ad essere contestato il contratto con l’Ansa che ha fatto dell’agenzia una specie di ufficio stampa privato dei vertici – e specialmente sul piano strategico, rinunciando ai ruoli burocratici delle Autorità Portuali per sollecitare una loro trasformazione in aziende di gestione, vere e proprie Spa.
Su questa doppia anima le Autorità Portuali si confronteranno non appena sarà chiarita la reale operatività del governo Monti, e non appena si capirà quali margini di manovra avranno i ministeri interessati, in particolare quello delle infrastrutture. C’è chi teme che da un governo d’emergenza, gestito da un esperto di finanza ma non certo di logistica, tutti gli sforzi possano essere diretti a tener buona la Ue sul piano del disavanzo e della spesa corrente, lasciando a tempi migliori le problematiche dei porti e dei trasporti. Il che non cambierebbe molto dall’epoca dei “niet” di Tremonti. Con una sola differenza, ironicamente sottolineata da qualcuno: invece di Tre-monti, abbiamo un Monti solo. Andrà meglio?
Antonio Fulvi
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