Grandi opere, promessi due miliardi: ma per i porti non ci sono che briciole
Nel carnet dei ministeri competenti ci sarebbero solo interventi per Genova su un progetto della Liguria – La battaglia per lo stretto di Messina, con Bari che prevarrebbe su Palermo
ROMA – Due miliardi di euro per rilanciare subito le grandi opere in Italia: ricetta keinesiana che storicamente ha sempre accompagnato i momenti di recessione, ma che oggi molti mettono in dubbio. Comunque sia, il governo ha annunciato che il provvedimento è avviato, come seguito alla cura “lacrime & sangue” della manovra. Le proposte specifiche degli interventi di opere pubbliche stanno arrivando dai ministeri dello Sviluppo e delle Infrastrutture.
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E’ pronto uno schema di decreto legge, che ovviamente dovrà avere l’ok di Tremonti prima del varo. Insieme alla misura che dovrà accompagnare il decreto, per non renderlo sterile, cioè puro esercizio dialettico: la defiscalizzazione degli interventi in investimenti infrastrutturali, più una quota dell’Iva che sarà generata dall’opera da riservare all’opera stessa. Macchinoso? Il governo ci crede. E ha fatto di recente l’esempio della proposta per il porto di Genova fatta dalla Regione Liguria; proposta che sarebbe ricompresa nel provvedimento nazionale dei due ministeri.
Tra le grandi opere che il governo intenderebbe sbloccare con i 2 miliardi c’è la Torino-Lione ferroviaria, con il traforo del Frejus, e quel ponte sullo stretto di Messina che il governo Berlusconi aveva annunciato come strategico, ma che è scomparso – per ora non cancellato: solo sospeso – dal progetto della commissione europea per il corridoio sul sud Italia: dal corridoio è scomparso infatti il tratto Napoli-Palermo, sostituito dall’ipotesi di una Napoli-Bari che ovviamente piace all’Adriatico ma non alla Sicilia. Ci sono contatti in corso con Bruxelles, ma sul ponte gli osservatori la vedono dura, malgrado l’impegno del viceministro alle Infrastrutture Castelli proprio con l’Europa.
E sui porti ? Siamo, a quanto pare, alle solite. Nei progetti delle grandi opere si accenna soltanto all’eventuale recupero del progetto della Liguria per Genova, ma non c’è molto di più. E non si parla assolutamente in alcun documento governativo di quell’autonomia fiscale (quota dell’Iva prodotta o altro) che rimane l’ostacolo principale al varo della riforma della 84/94. Con un’aggravante: le decisioni finali su finanziamenti e progetti infrastrutturali rimangono al ministero dell’Economia e non è un mistero che Tremonti (ma anche i suoi collaboratori) considerino i porti italiani come una specie di “porta sciagurata” per l’ingresso di merci concorrenti al made in Italy. A meno che i recenti abboccamenti dello stesso Tremonti con i leader bancari cinesi – per ottenere l’acquisto da parte delle ricche banche orientali di Bot italiani – non abbiano cambiato questa filosofia delle porte marittime chiuse e sprangate…
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