Sulla Libia dopo Gheddafi in corsa gli armatori italiani
I collegamenti con i porti della Sirte sono favoriti dalla nostra posizione geografica – I risultati dei primi approcci
ROMA – L’hanno subito indicato le Borse: con la caduta definitiva del regime di Gheddafi in Libia hanno fatto un salto in alto che non si registrava da settimane. Perché se la Libia non riserverà qualche altra (amara) sorpresa all’Occidente, potrebbe innescare un ciclo di ricostruzione, di interventi industriali e specialmente di ripresa delle forniture di petrolio e gas che si rifletterà anche sui traffici marittimi. Diciamo che adesso si apre la corsa alle compagnie di navigazione per mettere il cappello sui linee dirette e frequenti con Tripoli, Benghasi e Misurata.
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Come hanno sottolineato i principali media, l’Italia non è in pole position per accaparrarsi i mercati libici, preceduta dai francesi, dagli inglesi e dagli americani che hanno sostenuto il maggior peso dell’offensiva aerea in appoggio alla rivoluzione. E si sa che certi interventi – che costano in soldi, in rischi e in vite umane – servono anche e specialmente per mettere il cappello si business della ricostruzione. Bisognerà anche valutare quale sarà l’atteggiamento del nuovo governo libico nei confronti dell’Italia, considerata fino alla rivoluzione una degli alleati più stretti di Gheddafi e dei suoi. Però un vantaggio c’è per il nostro Paese, ed è la sua posizione geografica: la più favorevole per i collegamenti marittimi. E c’è anche un altro vantaggio: quello sottolineato da molti esponenti libici fuggiti a suo tempo da Gheddafi, che hanno sempre parlato di simpatia “storica” dei libici nei confronti dell’Italia, contro l’immagine voluta accreditare dallo stesso Gheddafi di un paese di colonizzatori dal pugno di ferro (e dalle impiccagioni facili).
Le prossime settimane saranno importanti per capire meglio. Intanto la diplomazia delle navi da carico si sta già silenziosamente muovendo. E qualche risultato sembra già in arrivo.
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