Dogana, infrastrutture e politica i “nodi” della logistica italiana
Una dura requisitoria sui costi aggiuntivi del “non sistema” nazionale – Occorre premere l’acceleratore sul “codice unico doganale” e annullare le regole vessatorie su trasporto e movimentazione delle merci – La tavola rotonda degli esperti

Un momento della tavola rotonda all'assemblea annuale di Fedespedi
MILANO – C’è la facciata pubblica, come sempre nelle assemblee di categoria, e poi c’è la sessione privata. Né ha fatto eccezione la Fedespedi nazionale, che nella sua assemblea annuale tenuta a Milano sul tema “Non solo Expo: opportunità e sfide per il mondo della logistica” ha visto entrambi i momenti; “saldati”, se si può dire, da un comune sentimento di frustrazione per la situazione economica e legislativa del comparto. Tanto che nella seduta privata qualcuno ha poi riferito che si era ipotizzata anche una drammatica, ma significativa “serrata” dei porti.
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Non se n’è fatto di niente. Ma anche in sala, nella seduta pubblica dopo i saluti e la relazione del presidente nazionale Piero Lazzeri, il nervosismo era palese. Tanto che alla fine, quando si è trattato di confrontarsi nella tavola rotonda programmata con gli esponenti dei vari settori della logistica, lo stesso sottosegretario ai Trasporti Bartolomeo Giachino – che da qualche tempo è diventato il parafulmine del suo ministero, unico a presentarsi per Infrastrutture e Trasporti nei vari dibattiti di categoria – ha preferito fare la sua relazione, reiterare le promesse di prossime iniziative del governo, e quindi prendere il volo. Così dalla tavola rotonda ha preso il volo a metà mattinata anche il presidente della Port Authority genovese Luigi Merlo, dopo aver ribadito che sulle sue banchine si sta facendo il possibile per razionalizzare e snellire – pressanti richieste degli spedizionieri – ma per i miracoli ancora non sono attrezzati.
I miracoli, appunto. Lazzeri ha snocciolato tutti gli adempimenti che sono piovuti sulle spalle degli spedizionieri negli ultimi 15 mesi, peraltro in parallelo alla più devastante crisi internazionale dei tempi moderni: riforma della legge sull’Iva, Black list, pre-clearing, legge 127/2010, emendamento sicurezza, rinnovo del contratto nazionale, disposizioni del “made in”, depositi Iva, costi sicurezza, proroga al 2012 della normativa sui controlli sanitari DMF. In più, c’è stata la “cronica asfissia finanziaria imposta alle aziende – ha detto – dai propri mandanti, con le case di spedizione che hanno dovuto finanziare di fatto la clientela. Eccetera, senza aggiungere le rivoluzioni nel Nord Africa – che hanno sconvolto molti traffici – e il dramma nucleare del Giappone.
In questo quadro, ha detto ancora Lazzeri, “il sistema doganale sta diventando sempre più marcatamente l’ago della bilancia dell’efficienza logistica del paese”. Con normative europee che dovrebbero essere comuni e invece sono spesso alla base di una vera concorrenza tra gli Stati. Poi nel nostro paese il dibattito politico sulla logistica si sta focalizzando in maniera esclusiva sull’autotrasporto, “trascurando il fatto che è solo un anello di una catena ben più complessa e articolata. Peraltro “la politica dei costi minimi per la sicurezza” – ha ribadito il presidente di Fedespedi – porterà a gravare di ulteriori incertezze e litigiosità un settore già troppo instabile. Occorre in sostanza. dicono gli spedizionieri – riformare nella sua interezza il settore logistico dove i punti di criticità sono la qualità delle infrastrutture, la struttura e la governance del ciclo logistico, l’inadeguatezza programmatoria e normativa.
Anche nel dibattito seguito alla relazione – vi hanno preso parte Biagio Bruni (Anama), Giulio De Metrio (SEA), Caroline Van Doorn (Port Authority Rotterdam), Fausto Forti (Confetra), Luigi Merlo (Port Authority Genova) e Marco Sorgetti (Clecat) – il punto focale è risultato il troppo complesso e farraginoso sistema dei controlli doganali italiani, tra l’altro duplicati spesso dalla finanza e da altri organismi. Con il risultato, è stato detto, che alla fine il costo delle operazioni in un porto di transhipment come Gioia Tauro risulta oggi dieci volte superiore a quello dell’analogo Tangeri 2. Altro esempio: a Genova c’è un funzionario doganale ogni 4.957 contenitori mentre a Rotterdam ogni 9.068. Un confronto che parla da solo e che ha fatto scaldare Merlo, ma che non è stato contestato.
La proposta finale: allargare la compertenza delle Port Authority italiane anche alle aree retroportuali connesse per i traffici, realizzare distretti portuali veri e propri, accelerare lo sportello unico doganale, migliorare le infrastrutture e non cercare di “ingessare” il libero mercato dei trasporti.
Tante proposte, che Giachino ha detto di considerare legittime. Ma il problema è – come dicevano molti in sala all’assemblea – che siamo in drammatico ritardo sui paesi concorrenti. E il mercato non aspetta.
Antonio Fulvi
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