Asse Livorno-Bologna l’iniziativa di Gallanti
Ma le reazioni sono state tiepide anche all’interno dell’Authority – I problemi più urgenti, dicono gli operatori, rimangono quelli interni allo scalo
LIVORNO – La notizia, da un comunicato dell’Autorità Portuale, è che il commissario Giuliano Gallanti ha firmato un protocollo di collaborazione con l’interporto di Bologna; con tanto di scambio di visite con il suo presidente, e quindi – fa un po’ sorridere la cosa – la visita “riparatoria” di ieri all’interporto di Guasticce, per rassicurarlo che gli accordi bolognesi non sono alle sue spalle.
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L’iniziativa del commissario Gallanti è certamente legittima, ma non sembra davvero avere quel colpo d’ala da … volpe del deserto che gli ha entusiasticamente attribuito il quotidiano livornese, con paginate di bla-bla-bla. E’ un protocollo, cioè un foglio con l’espressione di tante buone intenzioni, che per diventare fatti hanno bisogno ancora di tutto. Vale anche la pena di ricordare che – senza niente togliere alla buona volontà di Gallanti: che merita “l’eppur si muove” galileiano, sebbene tutto il management dell’Authority si senta al momento nemmeno consultato in queste mosse – di accordi con gli interporti della catena tosco-emiliana anche il precedente gestore di Palazzo Rosciano ne aveva firmati parecchi, con e senza la benedizione di Guasticce e persino con quella del ministro delle infrastrutture Matteoli. Il fatto è – dicono gli operatori più avveduti – che non bastano né i protocolli né gli impegni di buona volontà a far crescere i traffici del porto, quella che dev’essere la finalità di chi comanda nella Port Authority. Da che mondo è mondo le merci vanno dove è più conveniente andare: per i costi, per i tempi, per la disponibilità di vettori appropriati, per la facilità delle operazioni doganali, per la burocrazia “in real time”. Sotto questi punti di vista, Bologna per Livorno rimane purtroppo un alieno, protocolli o no: sia per strada che per ferrovia, è molto più collegato a La Spezia e a Genova che non alle banchine labroniche, e anche i tentativi di creare un network con Prato e Guasticce hanno reso in chiave pratica poco o niente.
Già, poi c’è Guasticce. Sempre sul quotidiano livornese, domenica scorsa ci sono stati due interventi devastanti per quella che fu definita per anni una cattedrale nella palude: Gabriele Antinori, capogruppo IdV di Collesalvetti, l’ha definito un interporto senza senso. Il professor Massimo Paoli – del quale spesso non condividiamo, certo per nostra incapacità, gli alati giudizi su porto e logistica – ha scritto di Guasticce come di “un residuato del mondo dei trasporti, un pianeta ormai morto”. Infine lo stesso Moretti di Trenitalia non dimentica di ripetere che l’Italia ha il triplo degli interporti necessari, con costi spropositati e parassitari.
Tutto questo senza niente togliere al protocollo firmato dal commissario Gallanti con l’interporto di Bologna. in attesa di vedere altre e più concrete iniziative “in corpore viri”, cioè nel porto, all’interno del porto, e nelle relazioni con le istituzioni che da anni si baloccano con piani regolatori, waterfront, porti turistici e fantascientifiche Darsene Europa. Qui sono i problemi davvero urgenti. E qui vogliamo vederlo, come scriveva Garcia Lorca nell’immortale ode per la morte di Ignazio.
A.F.
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