Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Valencia è al top per i Teu ma spaventa il Nord Africa

La forte crescita dagli scali spagnoli è anche ai danni di quelli italiani specie nel transhipment: ma in questo comparto la minaccia viene dal sud Mediterraneo

GENOVA – Mentre l’attenzione dei porti italiani è concentrata in questi giorni sui rinnovi dei vertici di alcune importanti Autorità Portuali – Marina Monassi sta superando gli ultimi passaggi per Trieste, Roberto Piccini è stato inchiodato dal “niet” del ministro malgrado il Tar di Firenze, a Civitavecchia si parla di un nuovo presidente a breve per interromperne il commissariamento (e c’è chi ipotizza uno spostamento dell’avvocato Canepa da Ancona al porto di Roma, che aprirebbe però di nuovo il problema nel porto adriatico oggi con un buon “feeling” verso il suo presidente livornese) eccetera – l’analisi made in UE della crescita dei traffici marittimi sulla sponda nord del Mediterraneo sancisce l’impietosa debacle dei porti italiani rispetto a quelli spagnoli.

[hidepost]

Dati già noti, per la scalata di Valencia (4 milioni di Teu nel 2010) che ha surclassato non solo tutti i porti italiani e francesi ma anche il suo rivale da sempre in terra spagnola, Barcellona: ma che confrontati in una analisi relativa a entrambi i paesi marittimi, non giocano affatto bene per l’Italia.

Proprio a Genova nei giorni scorsi è stato fatto notare che Italia e Spagna se la danno quasi alla pari per numero di porti sopra i 100 mila Teu – una dozzina in entrambi i paesi, sebbene la Spagna conti in questo computo anche i porti atlantici mentre per l’Italia la divisione è tra i due bacini del Tirreno e dell’Adriatico – con 35 Port Authority in Spagna e 24 in Italia. Solo che nel 2008 la Spagna ha segnato un incremento eccezionale dei suoi traffici arrivando quasi al loro raddoppio mentre in Italia si è passati solo da circa 7,5 milioni di Teu a circa 10,5 milioni. E a far le spese di questa situazione sono stati, specie ultimamente, i porti italiani di transhipment che hanno ceduto a quelli spagnoli, più flessibili e meglio serviti dalle reti autostradali ma specialmente ferroviarie.

Che dire a commento delle aride cifre? Che mentre i porti francesi del Mediterraneo sembrano essere ormai fuori causa, quelli spagnoli hanno trovato la formula specie nel transhipment: e non sembrano temere nemmeno la forte crescita dei nuovi scali del Nord Africa (in particolare Alessandria a est e Tangeri a ovest) malgrado molti osservatori ritengano che nel prossimo futuro saranno questi ultimi a farsi sentire davvero. Se nel frattempo – sperarlo è lecito, anche se si fa la parte dei sognatori – in Italia non ripartirà in modo concreto la riforma della riforma e specialmente se non ci saranno sostanziali investimenti nelle infrastrutture della logistica. Di cui si parla, si parla, ma poco d’altro.

[/hidepost]

Pubblicato il
15 Gennaio 2011

Potrebbe interessarti

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora

La quiete dopo la tempesta

Qualcuno se lo sta chiedendo: dopo la tempestosa tempesta scatenata a Livorno dall’utilizzo del Tdt per le auto di Grimaldi, da qualche tempo tutto tace: sul terminal sbarcano migliaia di auto, la joint-venture tra...

Leggi ancora