Pensierini e pensieracci dopo il Tar
LIVORNO – Non è facile, anche dopo la decisione dei giorni scorsi del Tar, ipotizzare qualcosa di diverso per l’Authority labronica di un periodo di ordinaria amministrazione commissariale.
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Esattamente il contrario di quello che sarebbe stato necessario per il porto, proprio nel momento cruciale per il suo tanto atteso nuovo piano regolatore; e nel momento in cui sono esplose tutte le estremizzazioni di quell’assalto alla diligenza che si sta svolgendo nei confronti (o se preferite, contro) dello storico ed oggi traballante potere della Compagnia portuali.
Comunque la si voglia vedere, tra una manciata di ore Roberto Piccini scade, e al suo posto arriva il commissario governativo. I cui poteri sono, appunto, quelli di un commissario, cioè dell’ordinaria amministrazione.
Adesso potremmo interrogarci a lungo se i quattro anni di gestione Piccini siano stati o no fecondi per il porto labronico; se la crisi internazionale avrebbe potuto essere contrastata meglio; se nella vicenda del TDT la personale (e nota) idiosincrasia del presidente dell’Authority verso Contship e verso il suo predecessore abbia giocato solo e unicamente a favore del terminal; se siano stati fondati o meno i “mugugni” di chi ha accusato il presidente di dire si a tutti salvo poi non concretare le promesse; eccetera. Di sicuro c’è una cosa: Roberto Piccini non ha avuto l’appoggio politico vero e senza ombre del suo partito e delle istituzioni livornesi, che specie nei momenti meno facili l’hanno volentieri lasciato cuocere nel suo brodo. Molti imprenditori portuali l’hanno appoggiato quando faceva loro comodo, salvo poi velocemente dileguarsi. Da parte sua Piccini ci ha messo certo anche qualche ingenuità caratteriale, come quella di frequentare poco o punto i centri di potere romani, la stessa Assoporti, i palazzi fiorentini della Regione. Sono dettagli che nel tran-tran quotidiano magari sfuggono, ma che presto o tardi evidentemente si pagano.
Adesso ci rimane di capire, al di la della sorte personale degli individui, che ne sarà del porto di Livorno. I segnali, qualsiasi possano essere le capacità del commissario e la sua personale voglia di raccordarsi alle istituzioni, non sono incoraggianti; come peraltro non lo erano stati anche nei mesi scorsi. Perché tutto lascia supporre che il forte rilancio dei porti della Liguria (Genova e Spezia in particolare) miri proprio a spartirsi la pelle dell’orso labronico, che la crisi della Compagnia portuali non aiuterà certo a far crescere grandi e nuove prospettive, e che l’inadeguatezza delle infrastrutture e dei fondali sarà a sua volta fatale non appena i traffici ripartiranno davvero, subentreranno le full-containers di nuova generazione e naturalmente la Piattaforma Europa sarà ancora e soltanto un bel sogno di mezz’estate. Difficile non essere pessimisti; sia pure con la segreta speranza di vedere troppo nero e di esserci fatti sfuggire qualcosa che potrà cambiare le cose.
A.F.
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