Quando i topi scappano dalla barca
ROMA – Nessuno s’illude che serva a molto, ma se domani il direttivo di Assoporti – convocato appunto per il 13 gennaio – proverà ad affrontare la raffica di commissariamenti nelle Authority, vuol dire che il problema esiste.
[hidepost]
Se n’è fatto portavoce anche il quotidiano genovese “Il Secolo XIX” attaccando il ministro Matteoli come l’uomo dei commissari nei porti: commissari che in realtà ci sono (l’ultimo è quello a Civitavecchia, confermato anche dal Tar, il prossimo potrebbe scattare tra quattro giorni a Livorno per l’impossibilità di trovare l’accordo entro la scadenza di Piccini) ma che sembrano essere la fatale conseguenza di un braccio di ferro tutto interno alla politica e poco legato alla reale funzionalità dei porti.
E’ il caso di Livorno. Oggi il Tar di Firenze si pronuncia sul ricorso di Roberto Piccini contro il “niet” del ministro alla terna che contiene il suo nome; un “niet” spiegato dallo stesso ministro con la volontà di cambiare un regime di governo del porto che va avanti così da mezzo secolo. Difficile che il Tar accetti questa motivazione – che è legittima sul piano politico, poco sostenibile su quello tecnico ed amministrativo – ma anche se la terna (Piccini, Nardi, Nocchi) fosse riammessa, non ci saranno i tempi tecnici per un accordo tra Matteoli e Rossi su uno dei due nomi residui (accettando il “niet” politico di Matteoli su Piccini).
Anche per questa evidente realtà temporale, dalla barca di Piccini hanno cominciato da qualche tempo a saltar giù i topi, compresi quelli grossi. Che ormai ipotizzano un dopo-Piccini, non tanto con nomi di candidati alternativi (nessuno si vuol bruciare ancora) ma con strategie che vanno dalla fantascienza (un manager del Nord Europa) al profilo locale allargato a Firenze. Nessuno, ad oggi, ha dato credito a un’altra ipotesi: quella di un commissariamento-ponte (con l’ammiraglio Dell’Anna come preannunciato da Matteoli?) ma nel frattempo, se il Tar riammettesse la terna, con uno schieramento “duro & puro” di tutta la nomenklatura (locale, regionale, nazionale) in difesa di Piccini. Lo hanno fatto a Bari per Mariani, e il ministro ha dovuto cedere. Ma Piccini – è la vera domanda di questi giorni – c’è qualcuno nel suo partito che davvero lo vuole ancora a palazzo Rosciano?
Antonio Fulvi
[/hidepost]